Tifone ‘Frank’ in Antique
29 Sunday Jun 2008
29 Sunday Jun 2008
19 Thursday Jun 2008
Today Archbishop Edward Joseph Adams, the papal nuncio to the Philippines, will administer the installation of new Kidapawan bishop Romulo Tolentino Dela Cruz. Among those who confirmed to witness the occasion are Cotabato City archbishop Orlando Quevedo, OMI, and Zamboanga archbishop Romulo Valles. In 2006, Pope Benedict XVI declared the diocese of Kidapawan as “Sede Vacante” following the transfer of then bishop Romulo Valles to the archdiocese of Zamboanga. The Kidapawan diocese, which was established as a prelature in 1976, covers 11 towns of North Cotabato, three towns of Maguindanao and Columbio in Sultan Kudarat province.Kidapawan, is a suffragan of the archdiocese of Cotabato.
Born on June 24, 1947, in Balasan, Iloilo, after his ordination as a priest (December 8, 1972) he became parish priest in Tacurong, Sultan Kudarat, and then rector of Notre Dame Archdiocesan Seminary in Sharif Kabunsuan. Ordained bishop on March 16, 1988, Dela Cruz served as bishop of the the Prelature of Isabela (Basilan Island) for 17 years and then of the Diocese of San Jose de Antique (Panay Island) for 7 years (2001-2008).
PIME Fathers are currently working both in the Diocese of Antique (San Pedro Parish, Parish Priest Fr. Fernando Milani and Luciano Benedetti for the IP-Program) and in Kidapawan (Arakan Mission : Frs. Fausto Tentorio, Gianni Re and Giovanni Vettoretto and fr. Peter Geremia IP-Program). While in Zamboanga PIMEs are presently in the Parish of Sinunuc, Fr. Nevio Viganò, Euntes Center, Fr. Giulio Mariani, Silsilah Islam-Christian Dialogue Center, Fr. Sebastiano D’Ambra and in the Regional House, Fr. Gianni Sandalo, Regional Superior).
16 Monday Jun 2008
Posted Giancarlo Bossi, Rapimenti
inAvevo appena scritto, una settimana fa, che i rapitori di Giancarlo erano ‘fantasmi’ e sono stato smentito: la ‘mente’ dietro il rapimento di Giancarlo, commander Israel Salinas Kiddie (vero nome Abdulsalam Akedin) è stato ucciso, lunedì 16 giugno, 2008. Commander Kiddie rimane comunque un ‘fantasma’ perchè non c’è più, o almeno così dicono le autorità, perchè già a suo tempo, per sette volte, era stato dato per deceduto per poi essere ‘resuscitato’. Secondo le ultime notizie ucciso in uno scontro violento.
Certo, personalmente vorrei che la violenza non avesse niente a che fare con la mia vita. Anche indirettamente. Che rimanesse una realtà distante. Al massimo notizia da giornale, da televisione, da cinema, in modo di poter meglio sopportarla. Nell’uccisione del commander Kiddie si potrebbe dire che era destino, che prima o poi sarebbe stato fatto fuori, perchè era armato e avrebbe comunque reagito sparando. Destino o non destino, cinema o non cinema, questa violenza poi la si subisce. Forse era meglio non averla sentita, la notizia! Dopo un anno di sedimentazione dei ricordi e’ piombata giu’ forse troppo brutalmente. Meglio sarebbe stato l’arresto. Sopra la taglia di 400.000 pesos (10.000 dollari) c’era la foto di commander Kiddie. Un volto d’uomo normale con i baffetti ancora neri.
L’effetto più crudele della violenza, il suo aspetto più disumano lo troviamo proprio quando dietro un crimine, (ma forse anche dietro un fatale errore) c’è il volto di un uomo. Il volto del male (o dell’errore). Tuttavia come parte della stessa umanità, mi sento responsabile di coloro (volti diversi ma sempre creature umane sono) che non riescono a cambiare le loro idee. In questo caso idee violenti. Pessime idee. Certo e’ difficile cambiare la testa a chi è abituato a sparare, ma per essere solidale con il principio di serena convivenza, posso iniziare dal mio cervello iniettando il ‘no alla violenza’ nei pochi geni che lo fanno funzionare. Dietro un volto che ha ancora voglia di dialogare e di perdonare. Da vivo, naturalmente. (Luciano)
10 Tuesday Jun 2008
Posted Giancarlo Bossi
inSi potrebbe raccontare di nuovo tutto quello che è accaduto un anno fa. Ma due sole cose sembrano ancora interessanti mentre il riassunto dei 39 giorni di sequestro può essere letto ancora su questo blog.
I rapitori di padre Giancarlo non hanno ancora un volto. Del resto fecero ben presto perdere le loro tracce. E questo è quello che ci ha colpiti di più durante il rapimento: dove erano finiti? Anche oggi sembrano lontani e invisibili. Svaniti così come si vaporizzano i fantasmi quando sorge l’alba del giorno. Forse per questo non si sente piu’ rancore verso di loro? Illusione forse, perchè i rapimenti continuano. Così come può ri-emergere la vendetta contro chi commette e ha commesso questi crimini. Ricordiamo, per esempio, del rapimento e uccisione di padre Rey Roda mesi fa (18 gennaio 2008). Difficile contenera la rabbia. Ma a fanatismo non bisogna rispondere con fanatismo e all’odio è meglio anteporre la ragione e domandarsi se quello che ora si sta facendo serva a qualcosa per evitare altri rapimenti, altri delitti. Se le autorità politiche e militari servono a qualcosa nel neutralizzare la criminalità organizzata oppure lasciano fare traendone loro stesse dei profitti.
I rapitori fantasmi, da una parte e la nostalgia di Payao, un luogo incantevole sul mare, dall’altra. Un luogo sulla mappa insignificante ma che a distanza di un anno rimane inchiodato nella nostra memoria. La baia con le linee di alghe agar-agar, le mangrovie sull’isola dei grandi pipistrelli di fronte al villaggio, l’isola di Pandelusan in distanza, le piccole comunità sparse sui monti tra le risaie, gli alberi della gomma e, piu’ a nord alla foce del fiume Sibuguey, le culture ittiche di pesci e di crostacei. Poi l’immancabile tramonto del sole. Il luogo da dove padre Giancarlo è stato tolto e poi allontanato e che ora come un esule, nella metropoli di Manila, lo ricorda e si domanda: “Tornare o starne lontano? Una sensazione dolce e amara nello stesso tempo. In Payao comunque si può tornare, ma il periodo vissuto là ha preso un’amara direzione. Quel luogo, per noi, è cambiato. Per sempre. Questo, non essere piu’ come prima, molto pobabilmente sta aiutando Giancarlo a guardare il passato con meno nostalgia e al futuro con rinnovata energia . Cosa pensano invece i suoi rapitori fantasmi sembra inutile domandarcelo. Il loro futuro non e’ mai stato prevedibile. (Luciano)
08 Sunday Jun 2008
Posted Gianni Sandalo
inCari amici e confratelli,
Se ci mettiamo a riflettere sul nostro compito di missionari siamo portati a confrontarci da una parte da un mondo che non ci capisce, dall’altra ci troviamo ad essere portatori di una proposta globale assoluta.
Ci si trova quindi stretti tra una realta’ di fatto che sembra negare il contenuto della proposta cristiana e una esperienza ideale che rischia di ignorare la realta’ del mondo.
Si corre il rischio di diventare, come diceva un tale, “idealisti guerci” o “realisti miopi”…
L’idealista e’ colui che pensa che tutto si e’ realizzato . Il futuro gia’ presente. L’idealita’ e’ gia’ realta’. L’idealista e’ colui che ha estrema fiducia nell’umanita’ senza tener conto dei limiti presenti nell’umanita’ stessa.
Dall’altra parte c’e’ il realista miope, che vede la realta’ e non crede alla possibilita di progresso dell’uomo. La vita e’ impietosa e le persone che caratterizzano l’umanita’ sono stupide o crudeli. La conclusione possibile e’ quella di cer¬care la propria felicita’ passando sopra tutto e tutti o quella di “correggere” la persona con l’imposizione della ‘verita’ e della giustizia’.
Sono chiaramente due estremi; ciechi ambedue.
L‘idealista guercio vede il futuro e non capisce il presente. Vede le potenzialita’ della persona ma dimentica la sua storia di peccato.
Il realista miope vede il presente, ma non spera nel futuro, vede il peccato dell’uomo e lo ritiene insuperabile.
Ambedue mortificano la persona ed ambedue hanno la pretesa di migliorarla, costringendola: il primo per eccessiva fiducia, il secondo per eccessiva sfiducia.
Come missionari se dimentichiamo la realta’ concreta della persona, se vogliamo forzare una liberta’ per “costringere al bene e alla felicita’”, corriamo il rischio di diventare un malanno per l’umanita’.
Le ideologie impazzite del nostro tempo e le esasperazioni “religiose” passate e presen¬ti, dimostrano che non si possono ignorare le debolezze della persona.
La pretesa di una societa’ perfetta genera piu’ mali di quelli che vuol combattere.
Ma altrettanto negativo e’ il realista miope. Egli passa sopra al dolore della persona per salvaguardare e accrescere la sua felicita’ e accresce cosi’ la durezza e l’ingiustizia nel mondo.
Noi missionari dobbiamo stare attenri al modo in cui condividiamo la fede e la dedizione al Vangelo. Fa parte del nostro compito difatti presentare l’utopia del Regno di Dio. Non solo, ma dobbiamo fare il possibile per cercare di realizzarlo sulla terra.
Il problema e’ che non ci sono consentite scorciatoie e il moralismo non puo’ essere la soluzione dei problemi.
Creare illusioni, presentare soluzioni semplicistiche, confezionare teorie per poi applicarle alle situazioni, disegnare un nemico esterno causa di tutti i mali, non fa un servizio ne’ al Vangelo ne’ alla persona.
Occorre che ci sobbarchiamo della fatica dell’analisi, della difficolta della proposta in un mondo complesso.
Dobbiamo unire percio’ passione, ideale e concretezza senza confonderli ne separarli.
Non ci viene chiesto di rinunciare al nostro compito missionario, ma di svolgerlo con umilta’. Curare la persona concreta, alleggerirne le sofferenze e soprattutto aiutarla a crescere un poco nella liberta.
Questo e’ il nostro sogno . Puo’ sembrare un sogno troppo modesto, ma e’ rispettoso della realta’, del Vangelo e degli altri e, soprattutto, punta all’essenziale. E questo e’ qualche cosa di grande. Il grande che passa attraverso il piccolo della quotidianita’.
A volte ci si sente stanchi della monotonia del quotidiano. Ma nella quotidianita’ viviamo la bonta’ del Regno. Quel regno che si definisce attraverso incontri, successi, fallimenti, gioie e lacrime. L’importante e’ sentirsi in compagnia. La compagnia del Padre che ci dice di non essere ‘idealisti guerci’ o ‘miopi realisti.
A ciascuno di voi auguro buon lavoro
gbs
08 Sunday Jun 2008
Posted Peter Geremia
inHuman Face
Father Geremia forgiving Norberto Manero
Ma. Ceres P. Doyo
What was it that drove a man to such bewildering heights and plunged him to such lonely depths? What voices did he hear? What lights, what darkness had he seen? What visions, what dreams?
Fr. Peter Geremia, a man so outwardly driven yet so inwardly drawn, had written in a diary his experiences, thoughts and more importantly, his painful prayers during his years of missionary work in this country. I was fortunate to be allowed to read his diary which was later published as a book (“Dreams and Bloodstains: The Diary of a Missioner in the Philippines”). Long before the book came out, I did a magazine feature, titled “The Diary of Fr. Peter Geremia.”
Through his raw diary he very reluctantly, almost wearily, let some of us see his core, the shreds of his life and whatever was left of himself. His diary was also an oppressed people’s bitter story, distilled and kept in one man’s prayer cup.
Geremia continues to walk with all of us. In his younger days, he waded through the floods of Laguna province, the squalor of Manila’s Tondo district, and the blood in Mindanao. He has plumbed the bowels of this land.
He should have been dead by now. It was he who was hunted and supposed to be gunned down by paramilitary fanatics who blew off the brains of fellow Italian Fr. Tullio Favali, his co-pastor in Tulunan town in the southern province of North Cotabato, on April 11, 1985.
Geremia’s diary of the 1980s is littered with dead bodies, punctuated with bullet holes and drenched with people’s tears. Blood oozes and embers fall. But like unseen fire, his prayers rise above the wailing, the gun smoke and the ashes.
Written unguardedly, the diary sounds like letters to the God he so loves, fears and hungers for, a God so loving but sometimes painfully silent and devastating. There are moments of peace and humor, and one can see the priest riding on a crest of joy. The next moment, he is mercilessly smashed against the rocks.
Also part of the diary are theological and historical reflections and reviews of books he found time to read when the guns were silent. In reports to superiors and associates, he could be dispassionate and scholarly, but when he writes about ordinary people, he too becomes ordinary, that is, passionate, prayerful, vulnerable — a priest.
Active men can also be contemplative men, and contemplatives are not people who have completely turned their backs to the world. From the tumult in Latin America have come a wealth of writings that show how inextricably linked active struggle for justice was with the spiritual life. “The Guerrilla Journal of Nestor Paz, Christian” hints at this. From monasteries and prisons have come literary and theological works tackling burning worldly issues. Trappist monk Thomas Merton of “Seven-Storey Mountain” fame produced volumes of these.
Geremia, who belongs to the Pontifical Institute for the Foreign Missions, is neither monk nor guerrilla. He simply calls himself a “wounded healer” and although his wounds are not physical, they are real, and it is through his journals that his inner experiences find utterance.
Geremia was born 71 years ago in Castel di Godego (Castle of the Gods) near Treviso in northern Italy. A child of war and destruction, Geremia carries memories of that dark period in history.
With all that on my mind, I read with a feeling of peace the most recent news story on Geremia and Manero.
“Manero seeks, receives forgiveness from Italian priest he planned to kill.” This was the headline of a story in the Inquirer’s Across the Nation section.
The story said that convicted priest killer Manero who was recently released from prison met last Monday with Geremia, the priest whom he had planned to kill 24 years ago. (Fr. Tullio Favali was the one who was gunned down by the Manero brothers, Norberto and Edilberto.) Manero, along with his wife Evelyn, relatives and lawyer went to the bishop’s residence in Kidapawan City and met with Geremia.
The story by Jeoffrey Maitem quoted Father Geremia as saying, “Manero personally asked for forgiveness (from) me. We already forgave him. He also renewed a 2005 pact he signed with us to prove that he would no longer return to the violent life he led in the 1980s. We had a prayer service, too, and he reiterated that he was serious in observing his promise.”
He also told the priest that he no longer wanted to be called “Commander Bukay.” A photo showed Manero visiting Father Favali’s grave.
Here is Geremia’s entry in his diary after Father Favali was killed:
“Tullio killed last April 11. Killed in my place. I missed my chance. I was given a new life no longer mine. Many say I should be grateful but I am more disappointed. I was rejected even in death. As I wanted to die, they could not do me the favor. Maybe they sensed my desire, maybe they wanted to see me running away from death in panic before they finished me off. I have become a ghost for many, a dead man who has returned to life. I saw Tullio on the road with his brain scattered around, his mouth eating dirt, his blood like a dark carpet. The killer repeated that they would do even worse for me, they would hang me from a post and torture me before killing me.
“Tullio came into my life like a stranger. I did not know him before. We lived together but in separate worlds. I could never share with him my inner struggles and he was taken by his (own) struggle. We were running with all our strength, without looking much at the obstacles or each other.
“Until he fell down without knowing what hit him. And I am still running, waiting to fall at any moment as he did, and without knowing where I am going. Run, baby, run!”
“Dreams and bloodstains” end in forgiveness. In this season of Lent
(Philippine Daily Inquirer 02/06/2008)
08 Sunday Jun 2008
Posted Kidapawan
inGiovanni Vettoretto
Carissimi amici, parenti e innamorati della missione,
trovo l’occasione di sedermi e scrivere 4 righe su come stanno andando le cose da queste parti. Fortunatamente non siamo stati colpiti da terremoti o alluvioni catastroficicome la Cina e la Birmania. Da questo punto di vista possiamo ringraziare il Signore. Nonostante questa benedizione non mancano le ragioni per continuare a pregare e chedere al Signore sempre nuove benedizioni, specialmente sulla povera gente che sta’ davvero facendo fatica non a vivere ma a sopravvivere. Molte notizie dal mondo le conoscete gia’ per cui non mi dilungo. La crisi dei prezzi che state sperimantando voi la stamo vivendo anche noi qui.
Ora vi racconto un po di me. Qui tutto procede normalmente. Il lavoro mi piace anche se spesso fa star male guardare la situazione della gente. Immaginate solo quale possa essere la condizione della povera gente in questo periodo in cui la crisi dei prezzi si fa sentire in tutto il mondo. Se prima era difficile comperare il riso perche’ la situazione era gia’ precaria, ora la cosa e’ diventata impossibile.
Ogni giorno c’e’ gente che viene a chiedere aiuto per poter sopravvivere, chiede il riso!!!. Io mi accorgo che l’aiuto che posso dare e’ solo un palliativo e non risolve minimamente il problema. Solo nelle ultime due settimane la benzina e’ salita di quasi la meta’ del suo prezzo. I mezzi di trasporto sono diventati troppo costosi per la gente che deve spostarsi. Solo per farvi un esempio, il biglietto del bus tra Kidapawan e Arakan fino a due settimane fa era di 60 pesos. Ora per lo stesso tragitto si devono pagare 90 pesos. Le speculazioni delle grosse compagnie petrolifere e dei governi che non regolano i prezzi, stanno velocemente portando tutti i paesi come le Filippine alla bancarotta. Continuando di questo passo non si escludono dimostrazioni e disordini dovuti alla disperazione della gente affamata. Gia’ troppi erano i problemi di questo paese e di molti altri dello stesso regime economico, e non avevamo certo bisogno di aggiungerne altri di questo tipo. In questo modo si ritarda ancora una volta la “macchina” dello sviluppo e non ci sara mai la possibilita’ di stare al passo con il mondo. Siamo ancora una volta nella situazione dove i ricchi saranno sempre piu ricci mentre i poveri verranno eliminati “naturalmente” dalla mancanza non solo di cibo, ma soprattutto di perequazione fiscale.
Sul versante sicurezza poi la situazione sta’ a mio avviso peggiorando. Non mi riferisco a me o a noi missionari in particolare ma alla stessa gente filippina. La polizia e i militari stanno diventando sempre piu chiaramente dei giustizieri che eseguono le sentenze di morte dichiarate sommariamente dalle alte cariche di governo. Swembra che la verita’ non esista piu’ e il peggio e’ che non la si ricerca piu’. Ci sono fatti quotidiani riportati dai mass media in cui si denunciano chiaramente abusi di autorita’, di potere e malgoverno. Naturalmente chi ne fa le spese sono i soliti “ladri di polli” che non vengono neppure piu’ messi in prigione ma giustiziati sulle strade o nelle loro case. Il coinvolgimento di polizia e militari in operazioni “sporche” sta’ pesando sempre di piu. In questo modo non sara’ mai possibile chiedere e perseguire la giustizia. Naturlamente senza giustizia non sara mai possibile avere la pace.
Ci sarebbero ancora molte cose brutte da dire e raccontare ma non voglio farvi perdere l’appetito. Voglio darvi invece una buona notizia, anche se in ritardo di piu di un anno.Ufficialmente dal 14 maggio scorso alla diocesi di Kidapawan e’ stato assegnato il nuovo vescovo. Per avere questa bella notizia abbiamo dovuto aspettare un anno e mezzo, dal dicembre 2006. Io da prete mi chiedo perche’? cosi lungo tempo prima di assegnare un nuovo vescovo. In ogni caso ora stiamo preparando il programma di benvenuto per la sua entrata il prossimo 19 giugno. Cambiato il vescovo pero e’ rimasto il none, infatti si chiama come il predecessore, Romolo, cosi non avremo difficolta nel continuare a pregare per lui nelle messe chiamandolo col nome giusto.Come potete comprendere da quesate poche righe la vita in questi luoghi non e’ assolutamente monotona. E’ difficile vivere, o meglio sopravvivere, per cui di lavoro da fare ce n’e’ sempre molto.
Il mio lavoro pastorale continua regolare. Mi sto accorgendo che ogni volta che devo salire sui monti a piedi, arrivo sempre piu’ stanco. Forse e’ l’eta’ che avanza inesorabile ma io penso che sia anche il peso da portare, ( e mi riferisco a quello corporeo), che rimane indubbiamente sopra la norma. Mi devo mettere a dieta. Questo e’ un proposito, anche se sara’ un grosso sacrificio, visto che quando sono seduto a tavola mangio sempre volentieri quello che c’e’. Pregate per me anche per questo “piccolo” proposito, e non dimenticate quelli che hanno piu’ necessita’ di preghiere.
Per ora vi saluto e con voi tutti coloro che continuano nella preghiera per chi soffre. Questo e’ un modo reale per condividere la missione di Cristo tra gli uomini. Io continuo a pregare per ognuno di voi. Non stancatevi!!!
Nell’amore di Cristo, p. Gio.
05 Thursday Jun 2008
Posted Pictures, PIME-Filippine, Zamboanga
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