Movimento del treno, autobus, che passa e vede le case degli uomini dove il passeggero immagina chi può abitare dietro le finestre. Interessarsi alle condizioni degli altri come il padre che comunque sarebbe andato incontro al figlio prodigo anche se questi non fosse ritornato a casa. E ancora esperienze faccia a faccia fatte su strade perpendicolari e rettilinee, da percorre comunque in lungo e largo e nelle quali impegnarsi a fermarsi. Per non stare al finestrino rispetto agli altri che in-fermi vediamo.
Nei reports della nostra missione urbana emerge il dato preoccupante delle uccisioni extra-giudiziarie, uccisioni di persone che usano e spacciano droga. Metodo legalizzato dalla attuale amministrazione politica filippina. Un tempo non tanto lontano, durante la Legge Marziale, brutta gente irrompeva nelle case e sequestrava qualcuno per poi trascinarlo via dicendo ai parenti di non parlare se lo volevano vedere ancora in vita. Vittime che mai tornavano a casa. L’unico problema per i militari era dove seppellire i corpi dei rapiti. Oggi non c’è la Legge Marziale, ma nella lotta al narcotraffico i poliziotti uccidono subito i sospettati. Oggi lasciano i cadaveri a terra, sanguinanti sul pavimento di casa e spetta ai congiunti l’ingrato e oneroso compito di portarli al cimitero sotto gli sguardi truci e compiacenti dei governanti per i quali sono le cifre che contano non la vita. Per la precisione, la Polizia dovrebbe dipendere dal Potere Esecutivo e non potrebbe procedere all’arresto (e tanto meno all’uccisione) di una persona se non c’è un mandato dell’Autorità Giudiziaria. Non più nelle Filippine; si può! Cosa che ha attirato le condanne della comunità internazionale, ma non quella della popolazione in stragrande favore verso le iniziative del presidente Duterte senza sapere però (ma lui non ascolta) che “Non esistono, né possono esistere, soluzioni locali a problemi che sono nati e si sono sviluppati a livello globale (Bauman)”
La Chiesa Filippina si è trovata impreparata di fronte a questa ondata di uccisioni extra-giudiziarie e sta cercando di correre ai ripari con programmi di riabilitazione per giovani tossicodipendenti e di aiuto per i famigliari delle vittime. Il tossicodipendente è una persona che la vita, carica di problemi, ha reso debole. Non riesce a vivere senza l’aiuto della droga. Ogni tossicodipendenza ha poi alle spalle una storia personale, nata da un bisogno di scappare da situazioni compromesse, di aut-aut, da zone urbane super affollate e baraccopoli.
La droga uccide, è vero, ma è meglio uccidere la droga, che il drogato, si diceva anni fa. Circa gli spacciatori e il narcotraffico poi, la giustizia amministrativa non ha funzionato in passato e quella penale fa abbastanza pena anche oggi perché non riesce quasi mai a risolvere e punire i reati comuni come, appunto, lo spaccio di droga, la corruzione, l’usura, i furti, gli stupri e quant’altro ancora. Una giustizia che sembra lasciare appannate e chiuse le proprie finestre.
La Chiesa cerca di spiegare tutto questo ma il Potere non ascolta e ridicolizza preti e vescovi togliendo loro ogni autorità morale.
Il resto del nostro lavoro continua tra alti e bassi, piogge e siccità, momenti sacri e laici, e i giovani che si allontanano con i loro progetti e desideri. Qualche segnale di speranza, dopo l’uscita dalla sofferente Arakan Valley, sembra riemergere per noi sulle montagne di Kidapawan ai piedi del Monte Apo, la cima più alta delle Filippine. Dalle parti di Zamboanga, nella sua lunga penisola, la missione continua come al solito tra lavoro pastorale e problemi di comunicazione con gruppi linguistici ed etnici di differente fattura e fede. Grandi numeri da Antique, Panay, dove il clima di pace e l’alto numero di lavoratori migrati all’estero sta producendo un benessere economico, inaspettato solo pochi anni fa: a Guingsang-an grande anche il 50mo della parrocchia dopo il quale verdrá l’addio dell’attuale parroco e ora Superiore Regionale, p. Fernando Milani. Mary Queen of Apostle, Manila, perenne movimento di persone e mezzi, tra uffici parrocchiali, messe e iniziative per i poveri, alla ricerca della chiesa-edificio ora rimpicciolita da altri ed enormi edifici di cemento innalzati a pochi metri dal sacro recinto.
Un grazie al Superiore Regionale, p. Ferruccio Brambillasca, che durante l’assemblea, e nei giorni che l’hanno preceduta, ha condiviso con noi pensieri formali e informali circa il Pime in sé, raccolti e meditati da uno che ha visto un po’ tutto e di tutto attraversando altre nazioni. A breve sarà nella sua ‘homu’ in Giappone.
Infine il 50mo del Pime Filippine (8 dicembre 1968 – 2018) tra memorie, scritture e come celebrarlo. Certo ci siamo chiesti se la storia iniziata cinquanta anni fa possa aiutarci a capire qualche cosa di più (di quella già conosciuta), che ci possa spiegare su cosa siamo oggi e come saremo o non saremo domani. Del resto tra passato e presente il numero degli anni è relativo ai sentimenti che oggi, al presente, viviamo. Bello sarebbe comunque entrare in e uscire da differenti storie senza che una sola diventi la principale; mettendo carte e foto sul tavolo.