By Mara
Solo adesso, alla fine del viaggio, rimpiango un po’ di non aver tenuto un diario come le mie due compagne di viaggio.
Il rimpianto è soprattutto dovuto al fatto che provo delle sensazioni che poche volte ho sentito nella mia vita.
Ero partito senza particolari aspettative, aperto ad ogni evenienza e pronto a ricevere quello che sarebbe arrivato. Ciò che mi aveva avvicinato all’idea di partire per la missione era la semplice curiosità. Poi il cammino di “Giovani e missione” mi ha lasciato molto ed ha fatto nascere in me il desiderio di andare in missione per trovare il Signore fuori dalla vita frenetica di ogni giorno, fuori dalla routine, fuori dalla vicina realtà.
Avevo ancora qualche dubbio rispetto alla mia vita e speravo che l’esperienza della missione avrebbe potuto fare un po’ di luce.
Ora che sono all’aeroporto di Zamboanga, al termine di questi 18 giorni, posso dire di aver trovato molto più di quanto mi aspettassi.
In realtà, ripensandoci, ciò che la missione ci ha trasmesso è allo stesso tempo grande e semplice: amore.
Amore di Padre Ilario, vederlo con i ragazzi fa proprio tenerezza, sembra il nonno con i propri 60 nipoti. E’ sempre circondato dalle ragazze più giovani che cercano in lui l’affetto dei genitori e lui ripaga tutti senza risparmiare attenzioni e battute!
Amore dei ragazzi, una quarantina le femmine, una dozzina i maschi, sempre con il sorriso sulle labbra, sempre pronti a stare con noi, sempre affettuosi, solari, spontanei nelle preghiere e nei sentimenti.
Ed infine l’amore della gente, capace di commuoversi al momento dei saluti per tre Italiani visti un paio di volte.
Ecco in queste poche righe il Signore.
Che cosa è Dio se non Amore?
Il Signore, in mezzo a questa gente, te lo trovi lì quando meno te lo aspetti.
Quando da casa pensavo all’esperienza che avrei fatto mi chiedevo: “Come mai il Signore permette che ci siano persone in così grande difficoltà che nulla nel corso del tempo sembra cambiare?”
Dopo questa esperienza posso dire che il Signore è molto più vicino a quella gente che non a noi, l’ho sentito fin dal primo momento, quando un’ora dopo il nostro arrivo, mi sono commosso durante la messa per i canti dei ragazzi, continuo a sentirlo adesso e mi chiedo cosa farebbe quella gente senza il Signore.
In questi 20 giorni ho letto un libro di Pezzini e Cagnasso: “La missione comincia dal cuore”, che analizza l’esperienza missionaria di Gesù a partire dal capitolo 10 del vangelo di Matteo.
Partendo dal vangelo di Matteo l’autore afferma che la missione è ovunque e che per essere buoni missionari bisogna prima di tutto avere compassione (sentire con), in secondo luogo bisogna pregare, ed infine rimanere aperti alla parola del Signore che saprà indicarci la strada.
Io credo che tutte questa cose siano estremamente vere perché le ho sperimentate.
I primi giorni soprattutto sono stati quelli del “sentire con”, del conoscere, dello stare insieme. I ragazzi sono stati veramente calorosi, ci hanno reso partecipi dello loro vite, ci hanno accolti a braccia aperte. Credo che sia stato questo che ci ha fatto entrare subito nel clima, che ci ha fatto capire che tipo di persone avevamo di fianco, che ci ha avvicinato a questo popolo che abita dalla parte opposta del globo rispetto a noi.
Da subito abbiamo pregato insieme, un po’ a fatica inizialmente, a causa della lingua, ma con il passare del tempo sempre meglio e sempre con molta spontaneità. E i suggerimenti del Signore non hanno tardato ad arrivare. Vedere quei ragazzi impegnati nello studio, consapevoli di avere una grande occasione e con la volontà di non sciuparla mi è stato di grande esempio.
Prima di partire avevo deciso che durante questa esperienza avrei dovuto riflettere sulla mia vita da studente/lavoratore e decidere se proseguire come ho fatto da quando ho iniziato l’università o dedicarmi interamente allo studio e finire il mio corso. L’esempio di quei ragazzi mi ha portato a decidere per dedicarmi interamente allo studio e cercare di chiudere il capitolo università nel giro di un anno.
Qualche volta, pensando alla vita missionaria, avevo pensato alla possibilità di un’esperienza più duratura in missione, ma vedendo questi bambini e questi ragazzi ho capito quanto sia grande il mio desiderio di mettere su famiglia insieme a Mara, la mia ragazza che mi ha accompagnato nel viaggio.
Ho capito infine che posso e possiamo fare molto per queste persone, che un quinto di un nostro stipendio può fare studiare uno di questi ragazzi per un anno e che lo studio è l’unico mezzo perché le cose cambino.
Sento tutte queste cose adesso, con ancora tutti i volti dei ragazzi davanti a me e con una nuovo coscienza e grande ammirazione per quanto i missionari fanno.
Lorenzo
Sono due giorni che sono tornata dalle Filippine, dall’esperienza più incredibile della mia vita. L’esperienza della Missione era il mio più grande sogno fin da bambina ma ammetto che quando mi hanno destinata nella Filippine insieme con il mio ragazzo Lorenzo e con Marta mi è presa la paura. Paura di trovarmi veramente di fronte alla possibilità di partire e paura di partire per un paese in crisi, in guerra, come le Filippine.
Il viaggio è stato molto lungo e pieno di tensioni, soprattutto durante le sei ore di jeep in mezzo alle montagne per raggiungere la missione, ma quando sono arrivata alla missione di Sampoli, nell’Isola di Mindanao, e mi sono trovata di fronte alla grande Chiesa della Parrocchia di San Lorenzo Ruiz, di fronte a Padre Ilario e ai suoi 60 ragazzi, tutti così accoglienti, mi sono sentita come a casa e non ho potuto contenere l’emozione. Sentire cantare quei ragazzi durante la Messa era come sentire cantare degli Angeli; ragazzi così poveri ma cosi felici nella loro povertà e nella loro semplicità e così pieni di fede e speranza nel sostegno del Signore.
Tutte le persone che abbiamo incontrato durante questa esperienza sono state fantastiche con noi, ci hanno accolto come se fossimo vecchi amici. Ci hanno voluto bene e hanno cercato in tutti i modi di farci sentire bene in mezzo a loro e al loro modo di vita così diverso dal nostro. Padre Ilario in particolare ci è stato vicino come un padre, attento a non farci mancare nulla e preoccupato che non ci succedesse nulla. Ci ha portato con lui per i villaggi e per le scuole e ci ha dato la possibilità di conoscere le usanze e i modi di vita di questo popolo con i suoi racconti e grazie alle persone che ci ha fatto conoscere.
Quest’esperienza mi ha fatto capire molte cose, soprattutto ha chiarito molti dubbi che avevo sul mio futuro. Prima di questo mese nelle Filippine pensavo alla missione come una possibile strada da percorre per la mia vita; ora che ho vissuto quest’esperienza sento che la mia strada è un’altra, sento che non ho la forza e il coraggio necessari per affrontare questa vita, ma ho ritrovato forza e coraggio per continuare il lavoro che sto portando avanti da anni nella mia Parrocchia e con i ragazzi del mio oratorio che hanno ancora bisogno del mio aiuto come io del loro.
Ringrazio il Signore e i Padri del Pime per avermi dato la possibilità di fare questa esperienza così profonda e che porterà molti frutti e molto entusiasmo in quella che sarà la mia vita futura. Non dimenticherò mai questo mese passato a Sampoli e non dimenticherò mai l’affetto ricevuto dai ragazzi e dalle persone che lì ho conosciuto, come so che anche loro non mi dimenticheranno.
Mara