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PIME PHILIPPINES

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PIME PHILIPPINES

Monthly Archives: September 2000

In Missione a Sampoli

30 Saturday Sep 2000

Posted by Admin in Ipil

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By Mara

Solo adesso, alla fine del viaggio, rimpiango un po’ di non aver tenuto un diario come le mie due compagne di viaggio.
Il rimpianto è soprattutto dovuto al fatto che provo delle sensazioni che poche volte ho sentito nella mia vita.
Ero partito senza particolari aspettative, aperto ad ogni evenienza e pronto a ricevere quello che sarebbe arrivato. Ciò che mi aveva avvicinato all’idea di partire per la missione era la semplice curiosità. Poi il cammino di “Giovani e missione” mi ha lasciato molto ed ha fatto nascere in me il desiderio di andare in missione per trovare il Signore fuori dalla vita frenetica di ogni giorno, fuori dalla routine, fuori dalla vicina realtà.
Avevo ancora qualche dubbio rispetto alla mia vita e speravo che l’esperienza della missione avrebbe potuto fare un po’ di luce.
Ora che sono all’aeroporto di Zamboanga, al termine di questi 18 giorni, posso dire di aver trovato molto più di quanto mi aspettassi.
In realtà, ripensandoci, ciò che la missione ci ha trasmesso è allo stesso tempo grande e semplice: amore.
Amore di Padre Ilario, vederlo con i ragazzi fa proprio tenerezza, sembra il nonno con i propri 60 nipoti. E’ sempre circondato dalle ragazze più giovani che cercano in lui l’affetto dei genitori e lui ripaga tutti senza risparmiare attenzioni e battute!
Amore dei ragazzi, una quarantina le femmine, una dozzina i maschi, sempre con il sorriso sulle labbra, sempre pronti a stare con noi, sempre affettuosi, solari, spontanei nelle preghiere e nei sentimenti.
Ed infine l’amore della gente, capace di commuoversi al momento dei saluti per tre Italiani visti un paio di volte.
Ecco in queste poche righe il Signore.
Che cosa è Dio se non Amore?
Il Signore, in mezzo a questa gente, te lo trovi lì quando meno te lo aspetti.
Quando da casa pensavo all’esperienza che avrei fatto mi chiedevo: “Come mai il Signore permette che ci siano persone in così grande difficoltà che nulla nel corso del tempo sembra cambiare?”
Dopo questa esperienza posso dire che il Signore è molto più vicino a quella gente che non a noi, l’ho sentito fin dal primo momento, quando un’ora dopo il nostro arrivo, mi sono commosso durante la messa per i canti dei ragazzi, continuo a sentirlo adesso e mi chiedo cosa farebbe quella gente senza il Signore.
In questi 20 giorni ho letto un libro di Pezzini e Cagnasso: “La missione comincia dal cuore”, che analizza l’esperienza missionaria di Gesù a partire dal capitolo 10 del vangelo di Matteo.
Partendo dal vangelo di Matteo l’autore afferma che la missione è ovunque e che per essere buoni missionari bisogna prima di tutto avere compassione (sentire con), in secondo luogo bisogna pregare, ed infine rimanere aperti alla parola del Signore che saprà indicarci la strada.
Io credo che tutte questa cose siano estremamente vere perché le ho sperimentate.
I primi giorni soprattutto sono stati quelli del “sentire con”, del conoscere, dello stare insieme. I ragazzi sono stati veramente calorosi, ci hanno reso partecipi dello loro vite, ci hanno accolti a braccia aperte. Credo che sia stato questo che ci ha fatto entrare subito nel clima, che ci ha fatto capire che tipo di persone avevamo di fianco, che ci ha avvicinato a questo popolo che abita dalla parte opposta del globo rispetto a noi.
Da subito abbiamo pregato insieme, un po’ a fatica inizialmente, a causa della lingua, ma con il passare del tempo sempre meglio e sempre con molta spontaneità. E i suggerimenti del Signore non hanno tardato ad arrivare. Vedere quei ragazzi impegnati nello studio, consapevoli di avere una grande occasione e con la volontà di non sciuparla mi è stato di grande esempio.
Prima di partire avevo deciso che durante questa esperienza avrei dovuto riflettere sulla mia vita da studente/lavoratore e decidere se proseguire come ho fatto da quando ho iniziato l’università o dedicarmi interamente allo studio e finire il mio corso. L’esempio di quei ragazzi mi ha portato a decidere per dedicarmi interamente allo studio e cercare di chiudere il capitolo università nel giro di un anno.
Qualche volta, pensando alla vita missionaria, avevo pensato alla possibilità di un’esperienza più duratura in missione, ma vedendo questi bambini e questi ragazzi ho capito quanto sia grande il mio desiderio di mettere su famiglia insieme a Mara, la mia ragazza che mi ha accompagnato nel viaggio.
Ho capito infine che posso e possiamo fare molto per queste persone, che un quinto di un nostro stipendio può fare studiare uno di questi ragazzi per un anno e che lo studio è l’unico mezzo perché le cose cambino.
Sento tutte queste cose adesso, con ancora tutti i volti dei ragazzi davanti a me e con una nuovo coscienza e grande ammirazione per quanto i missionari fanno.
Lorenzo

Sono due giorni che sono tornata dalle Filippine, dall’esperienza più incredibile della mia vita. L’esperienza della Missione era il mio più grande sogno fin da bambina ma ammetto che quando mi hanno destinata nella Filippine insieme con il mio ragazzo Lorenzo e con Marta mi è presa la paura. Paura di trovarmi veramente di fronte alla possibilità di partire e paura di partire per un paese in crisi, in guerra, come le Filippine.
Il viaggio è stato molto lungo e pieno di tensioni, soprattutto durante le sei ore di jeep in mezzo alle montagne per raggiungere la missione, ma quando sono arrivata alla missione di Sampoli, nell’Isola di Mindanao, e mi sono trovata di fronte alla grande Chiesa della Parrocchia di San Lorenzo Ruiz, di fronte a Padre Ilario e ai suoi 60 ragazzi, tutti così accoglienti, mi sono sentita come a casa e non ho potuto contenere l’emozione. Sentire cantare quei ragazzi durante la Messa era come sentire cantare degli Angeli; ragazzi così poveri ma cosi felici nella loro povertà e nella loro semplicità e così pieni di fede e speranza nel sostegno del Signore.
Tutte le persone che abbiamo incontrato durante questa esperienza sono state fantastiche con noi, ci hanno accolto come se fossimo vecchi amici. Ci hanno voluto bene e hanno cercato in tutti i modi di farci sentire bene in mezzo a loro e al loro modo di vita così diverso dal nostro. Padre Ilario in particolare ci è stato vicino come un padre, attento a non farci mancare nulla e preoccupato che non ci succedesse nulla. Ci ha portato con lui per i villaggi e per le scuole e ci ha dato la possibilità di conoscere le usanze e i modi di vita di questo popolo con i suoi racconti e grazie alle persone che ci ha fatto conoscere.
Quest’esperienza mi ha fatto capire molte cose, soprattutto ha chiarito molti dubbi che avevo sul mio futuro. Prima di questo mese nelle Filippine pensavo alla missione come una possibile strada da percorre per la mia vita; ora che ho vissuto quest’esperienza sento che la mia strada è un’altra, sento che non ho la forza e il coraggio necessari per affrontare questa vita, ma ho ritrovato forza e coraggio per continuare il lavoro che sto portando avanti da anni nella mia Parrocchia e con i ragazzi del mio oratorio che hanno ancora bisogno del mio aiuto come io del loro.
Ringrazio il Signore e i Padri del Pime per avermi dato la possibilità di fare questa esperienza così profonda e che porterà molti frutti e molto entusiasmo in quella che sarà la mia vita futura. Non dimenticherò mai questo mese passato a Sampoli e non dimenticherò mai l’affetto ricevuto dai ragazzi e dalle persone che lì ho conosciuto, come so che anche loro non mi dimenticheranno.
Mara

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Padre Fausto su ‘Popoli’ 2000

21 Thursday Sep 2000

Posted by Admin in Fausto Tentorio

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È il 1990. La Maguindanao Timber Company decide di forzare i tempi e di procedere alla deforestazione del monte Sinaka, una delle cime più alte dell’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. Ma il monte non è “solo” l’ultimo fazzoletto di foresta vergine rimasto di un’area molto vasta ormai completamente denudata e messa a coltura di riso e mais. Per i tribali manobo, che vi dimorano da tempi immemorabili, il Sinaka, la “schiena del dio” è il luogo di approvvigionamento di cibo: frutta, selvaggina, piante ed erbe medicinali; soprattutto, è un luogo sacro, dimora degli spiriti sottomessi a Manama, l’essere supremo.

I nativi non potevano rassegnarsi a vedere scomparire l’ultima possibilità di salvezza e di salvaguardia del loro ambiente naturale. Ma a chi rivolgersi per cercare quell’aiuto negato dalla giustizia e dal buon senso? Solo la diocesi di Kidapawan e i missionari italiani del Pontificio istituto missioni estere (Pime) non voltano loro le spalle: “Sono venuti da noi in cerca di aiuto – dice p. Fausto Tentorio, a quel tempo incaricato della missione Pime della valle di Arakan -. Abbiamo cominciato ad ascoltarli e a capire il loro punto di vista. Abbiamo consultato anche i contadini immigrati, visto che la deforestazione a monte danneggiava pure le loro colture a valle. Per circa un anno abbiamo fatto presente al governo che la compagnia non rispettava le disposizioni di legge circa il taglio del legname pregiato. A un certo punto, non vedendo alcun risultato, un centinaio di tribali e coloni decise di bloccare l’accesso alla foresta formando una barricata umana e dopo tre settimane il braccio di ferro si risolveva in favore dei dimostranti. Un fatto inedito, un successo frutto della determinazione e della disperazione: un capo tribale aveva promesso addirittura di farsi tagliare una mano se non avessimo ottenuto qualcosa”.

Riscatto necessario e possibile

P. Fausto considera quel fatto la data d’inizio del riscatto dei tribali in Arakan. Questi erano vissuti indisturbati lungo i corsi d’acqua e sulle montagne, fino alla metà del secolo, quando un rivolo di coloni provenienti dalle Filippine centrali, risalendo i fiumi dalla pianura di Cotabato aveva lambito e poi invaso l’Arakan, valle lontana e a quel tempo quasi inaccessibile. Cercavano terre da coltivare, incontrarono i manobo: ospitali, ingenui, non bellicosi. Vendevano per poco e si lasciavano sedurre dal denaro e da piccoli doni in natura. Un ettaro di terra poteva essere scambiato con poche scatole di sardine o alcuni chili di sale. Gli immigrati non avevano bisogno di combattere. Bastava la persuasione. Ma non passò molto tempo e i tribali cominciarono a reagire, vedendo minacciata la loro stessa possibilità di esistere: iniziarono le intimidazioni dei coloni e la parola passò anche alle armi.
“Nel 1990 – dice p. Tentorio – dei 75mila ettari di terra della valle di Arakan, ai manobo ne rimanevano solo 15mila. Di questo passo in dieci anni avrebbero perso tutto, sarebbero scomparsi. Anche perché la mortalità infantile era altissima, al punto che tre bambini su cinque morivano in tenera età. Il primo obiettivo quindi era quello di salvare il salvabile, di fermare la cessione delle terre e spingere il governo a fare leggi che tutelassero le dimore ancestrali dei tribali: questi non dovevano più vendere, i coloni non dovevano più comprare. La seconda necessità era quella di dare la possibilità ai tribali di radunarsi, di parlare della loro situazione, della loro esistenza e sopravvivenza come gruppo. Molti dei loro leader (datu) erano infatti i principali responsabili della facile cessione della terra ai coloni immigrati”. Nel 1992 quindi nasceva la Manobo Lumadnong Panaghiusa (Malupa), che significa “Associazione dei tribali manobo”, composta da un buon numero di capi tradizionali e di persone coinvolte nel recupero dei loro spazi e valori. E per dare all’organizzazione una maggiore efficacia operativa si diede vita al “Programma dei tribali filippini per lo sviluppo delle comunità” (Tfpcdi, dalle iniziali inglesi), incaricato della riorganizzazione delle comunità, della promozione agricola, dell’alfabetizzazione, della sanità di base, ecc. I manobo in sostanza dovevano essere messi in grado di affrontare una situazione completamente nuova rispetto al passato. Nuova in che senso? Anzitutto restituendo ai capivillaggio l’autorità persa a favore della polizia, del municipio, delle corti di giustizia. Mancando di punti di riferimento (o avendone ormai troppi: quelli tradizionali e quelli statali), le comunità erano allo sbando. “Il nostro primo compito – dice padre Tentorio – è stato di convocare questi leader tradizionali – ne abbiamo identificati 23 -, di far riprendere loro fiducia e spiegare che di fronte alla nuova situazione bisognava in qualche modo reagire, non subire passivamente fino all’estinzione”. Ora la Malupa è attiva e rappresenta il luogo e lo strumento attraverso il quale i manobo affrontano i comuni problemi e si presentano di fronte alle autorità civili e ai poteri statali. Il braccio operativo della Malupa è però il Tfpcdi. Esso dispone di strutture e di personale con sede presso la missione dell’Arakan, nella diocesi di Kidapawan. Non è però un’organizzazione strettamente ecclesiale, tanto meno confessionale. I manobo, peraltro, non sono cattolici. Appartengono in minima parte a sette protestanti, ma rimangono per lo più legati alla loro religiosità naturale.

Recuperare insieme salute e identità

Alla base delle attività del Tfpcdi è il programma agricolo. “Si tratta dell’aspetto economico della vita dei tribali qui in Arakan e dintorni – dice Edgar Araneta, 30 anni, uno dei due incaricati -. Distribuiamo carabao (bufali d’acqua utilizzati per l’aratura, ndr) alle comunità, incanaliamo le sorgenti verso i villaggi e le aree coltivate, promuoviamo il recupero dei metodi tradizionali ancora validi di agricoltura. In passato i tribali seminomadi già godevano di una varietà di prodotti della terra: riso, mais, ma anche tuberi, verdure, banane. Ora lo spazio è diminuito, ma bisogna riuscire lo stesso a produrre quanto è necessario”. La varietà delle colture è essenziale, soprattutto tuberi e radici, come si è visto in occasione della siccità del 1998. Come essenziale è la riforestazione. Interessante è che tra le priorità del programma agricolo vi siano anche la riproduzione e la diffusione di erbe e piante medicinali ormai rare o in pericolo di estinzione e di cui solo gli anziani conoscono l’uso. “Scopo del nostro settore – dice Boy Felices, paramedico – è di recuperare i metodi tradizionali di medicina tribale. Occorre far vedere che questi mezzi sono allo stesso tempo economici ed efficaci e che i nativi stessi possono curare le loro malattie”; almeno le più comuni: tosse, raffreddore, diarrea, infezioni polmonari e intestinali per le quali è necessaria anche una robusta educazione all’igiene. L’impegno per l’istruzione è essenziale per il riscatto e la sopravvivenza dei manobo. Il Tfpcdi si è concentrato in passato sull’alfabetizzazione degli adulti, con un’iniziativa che andava oltre i rudimenti iniziali e che forniva non solo istruzione scolastica ma anche coscientizzazione. Vi hanno preso parte circa 700 persone dal 1992 al ’98. Il problema degli adulti è che sono spesso assenti dagli incontri a causa delle esigenze di lavoro nei campi. Ora ci si concentra sulle scuole materne (finora sono 23 quelle gestite dal Programma) e sul sostegno ai ragazzi delle elementari, medie e superiori che studiano nelle scuole pubbliche. La scuola materna, a cui si iscrivono però anche ragazzi di 10-12 anni che non sono mai andati a scuola, garantisce un apprendimento di base per chi non dovesse poi accedere all’istruzione statale. Purtroppo, la maggioranza dei giovani tribali, emarginati dalla povertà, rimane vittima delle distanze e del senso di inferiorità verso i compagni figli degli immigrati cristiani. È ovvio che per i tribali manobo tornare al passato è impossibile. Tuttavia, per la prima volta è in atto un tentativo per capire la loro situazione e scongiurarne l’estinzione.

Un saluto dall’Italia

09 Saturday Sep 2000

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Paolo Nicelli

Scusate il lungo silenzio dall’ultima mia lettera dal Cairo. Ora sono in Italia in attesa di cominciare il secondo anno di studio dell’Islam al PISAI. I risultati del primo anno sono stati soddisfacenti ed il desiderio di continuare in cio’ che sto facendo e’ forte.

Ho potuto sentire le ultime notizie sulla vostra salute e sul vostro lavoro direttamente da padre GB Sandalo e vi assicuro che la mia preghiera vi accompagna sempre ovunque voi siate.
Ho sentito anche delle tensioni e dei venti di guerra che stanno affligendo la nostra gente filippina e la cosa mi rattrista molto e mi spinge a pregare ed offrire tutto il mio lavoro di studo e di preparazione per la causa della pace li’ da voi..

Non c’e’ pace che tenga se non si impara a conoscersi in tutto cio’ che siamo: gioie, pregi e limiti.
Piu’ vado avanti a conoscere il mondo islamico e piu’ mi rendo conto che tutti abbiamo bisogno di chiedere perdono dei nostri limiti e dei nostri sbagli, con semplicita’ ed umilta’, senza per questo aver paura di rinunciare alla nostra identita’.
In poche parole, sento il bisogno di percorrere la strada del perdono, proprio come in Egitto ho visto fare al papa, che con umilta’ e fermezza ha portato un messaggio di pace nel cuore dell’Islam.
Per questo anch’io voglio offrire il mio tempo ed il mio lavoro per questo ideale pur dentro le difficolta’ del dialogo con una cultura ed una fede che fa fatica a daprirsi al perdono.
Scusate se azzardo cosi’tanrto e non pensiate che tutto questo sia effetto di una spinta sentimentaleo idealizzata.
Penso solo che sia giunto il momento di guardarci, noi e loro, con uno sguardo piu’ semplice e sincero. E penso anche che questo non sia impossibile ma solo difficile da realizzare. Ma le difficolta’, nella nostra vocazione, sono sempre compagne del nostro cammino e non dobbiamo mai venire meno.
Questosiete voi stessi che me lo testimoniate con la vostra vita.

Che il Signore ci accompagni e ci sostenga sempre!

Al ritorno dal mio “viaggio apostolico”

01 Friday Sep 2000

Posted by Admin in PIME-Filippine

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Fr.Giovanni Vettoretto

Il primo di settembre dello scorso anno partivo per la prima volta alla “ricerca” degli Stati Uniti dove ci sarei rimasto fino ad aprile 2000 per imparare l’inglese, vivendo un’esperienza davvero unica ed entusiasmante. Oggi, 1 settembre 2000, sono in grado, per quanto i limiti del tempo e delle situazioni lo abbiano permesso, di ringraziare il Signore per un’altra magnifica esperienza che ho potuto vivere quí nelle Filippine dopo un mese e mezzo dal mio arrivo. In questo tempo infatti, ho avuto la possibilitá di introdurmi gradualmente in questa terra per me ancora nuova, accompagnato da persone, missionari, confratelli che lavorano e spendono la loro vita in questo paese ormai da anni. La positivitá di questa esperienza rimane nonostante il fatto che la lingua fosse un problema di comunicabilitá con la gente. Il missionario di turno, ha sempre operato con pazienza, traduzioni e spiegazioni sufficienti.

Durante questo periodo di “visite” guidate, mi sono accorto quanto poco conoscessi questo paese prima del mio arrivo. Le informazioni ricevute durante gli anni di seminario non sono state sufficienti per farmi capire fin da subito dove ero arrivato. Eppure di padri provenienti dalle missioni e specificamente dalle Filippine ne sono passati parecchi. Ció significa che alcune esperienze é doveroso farle di persona per rendersi conto delle varie situazioni e comprendere meglio ció che si stá affrontando. Ecco perché ancora oggi quando si parla di missione o delle missioni in Italia, difficilmente si comprende e si riesce a far comprendere ció che é la realtá. Oggi infatti, mi ritrovo a dover fare il punto della situazione e a valutare una esperienza che globalmemte ritengo sia stata positiva e necessaria.

Fin dall’anno scorso, dopo aver ricevuto la destinazione nelle Filippine, mi sono sentito subito parte di questa piccola ma preziosa comunitá del Pime operante in questo magnifico paese. I contatti erano tenuti fin da subito attraverso lettera con il regionale che provvedeva a inviarmi materiale di informazione interno alla comunitá ovunque io fossi. Ho cominciato cosí a sfogliare pagine e a leggere parole che ancora non comprendevo, ma che sarebbero servite a gettare le basi per una esperienza sempre più completa ed arricchente. L’accoglienza quindi, non l’ho sperimentata solo dopo il mio arrivo in questa terra, ma giá fin da un anno fa. É proprio su questo aspetto, “l’accoglienza” che vorrei soffermarmi e centrare la mia riflessione dopo aver avuto l’opportunitá di fare il giro di alcune missioni nella zona di Mindanao. Perché l’accoglienza? Ritengo che tutto ció che ho vissuto sia frutto di questo semplice ma profondo attegiamento che ho riscontrato sia nei confratelli che mi hanno accompagnato, sia nelle persone che ho incontrato nelle varie comunitá. Ecco allora che tirare le somme e fare una valutazione su ció che si é appena concluso, diventa un doveroso segno di gratitudine.

Ho visitato alcune missioni e i padri che in esse vi lavorano e la prima impressione a caldo é questa: non si poteva scegliere posto migliore per ognuno dei confratrelli incontrati. Ognuno di questi sembra la persona adatta per quel luogo e quella situazione. Di differenze tra missione e missione se ne possono riscontrare parecchie, a partire dalla composizione socio-religiosa della comunitá parrocchiale, con la presenza di altre religioni e relative tensioni; la composizione geo-fisica del territorio, altro aspetto che si fa interessante e richiede delle energie diverse. Come pure la situazione culturale si differenzia in modo sostanziale tra missione e missione. In ognuna di queste realtá ho potuto vedere come tutti i missionari siano inseriti nel migliore dei modi, facendo il possibile e a volte anche l’impossibile per portare avanti il grande impegno di evangelizzazione e umanizzazione. Spesso di fronte a certi modi di fare o lavorare, mio venivano spontanee alcune domande, (a volte anche troppe), poiché il mio modo di pensare é ancora legato alla tradizione culturale Italiana. In ogni circostanza peró, ho trovato comprensione e pazienza da parte di chi mi guidava. Mi ricordo che a volte riuscivo a far sorridere il missionario che mi spiegava la situazione, tanto erano banali le domande quanto scontate le risposte, o meglio, alcune risposte non serviva darle, perché il tempo e l’esperienza mi avrebbero largamente esaudito, (vedi l’esperienza delle strade in Mindanao). Non vi stó a narrare ció che ho visto e sentito nei particolari perché sicuramente voi ne sapete più di me, e neppure lo spazio e il tempo me lo permetterebbero.

Nonostante tutte queste differenti realtá il minimo comun denominatore che lega ognuno di questi padri penso si possa riassumere con queste parole: l’amore per il Vangelo e l’amore per la gente. Se non ci fossero questi due aspetti alla base di tutto il lavoro che continuano a portare avanti quotidianamente, chi da più chi da meno anni, penso che le forze e l’entusiasmo si affievolirebbero nel tempo di una “luna di miele”. Ecco allora, che anche per me tutto é diventato momento di forte carica spirituale, umana e di fede e dove tutto deve essere vissuto dentro l’attegiamento della gratitudine. Ritorna allora la parola usata all’inizio: accoglienza, che riassume davvero tutti i vari aspetti di questa bella esperienza. Questo atteggiamento che nella popolazione locale si mescola alla simpatia e alla curiositá per tutto ció che non é filippino e che diventa a volte  miraggio e motivo di voglia di fuga. Il sentirmi “osservato” era una sensazione normale in tutti i luoghi dove sono stato e a volte anche di disagio. Questo mi fa pensare che anche in futuro, quando sará passata la curiositá iniziale, l’attenzione nei confronti del padre missionario non calerá mai. L’esempio concreto l’ho notato nei confratelli incontrati, i quali sono sempre oggetto di “venerazione” e attenzione da parte della gente. Anche questa é una nostra grande responsabilitá che ci chiede di non abusare mai della nostra posizione. Nel poco che ho potuto vedere io, questo atteggiamneto di responsabilitá da parte del padre si colloca nell’atteggiamento del servizio alla gente e per la gente. Tutto questo naturalmente porta i suoi frutti e inevitabilmente sono la simpatia e l’amore che questa gente ha per il missionario.

Qualcuno potrebbe dire che in tutto questo non c’é assolutamente nulla di straordinario, e sotto alcuni aspetti é vero, ma il viverlo ogni giorno, con tutte le proprie energie, spendendosi per una cosí giusta causa, in ogni singola difficoltá, credetemi non é cosa semplice. Per un “novellino” come lo sono io tutto questo diventa oggetto di ammirazione e soprattutto di esempio concreto su come anch’io dovró essere e vivere in futuro. Non ho visitato tutte le missioni di Mindanao, sono rimaste fuori quelle della zona di Arakan. Certamente hanno delle particolaritá non riscontrabili altrove, ma ritengo che l’atteggiamento di fondo che spinge anche quei missionari ad operare sia lo stesso. Non ho visitato quelle missioni ma i missionari che vi lavorano ho avuto la possibilitá di incontrarli, per cui posso dire che lo spirito é lo stesso. Avró certamente modo in futuro, a Dio piacendo, di poter fare una visita anche in quei luoghi. Un grazie quindi a tutti coloro che sono parte di questa “porzione” di Pime nel Sud Est Asiatico e a coloro che in prima persona hanno avuto pazienza e comprensione verso le mie “ingenuitá”. La benedizione del Signore sia sempre con tutti voi e con la gente a voi affidata.

Fraternamente in Cristo

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P.Adriano Cadei, tondo 1973
015
cammina tra kawayan
Metro Manila
Metro Manila
P.fausto P.nando
P.Salvatore Carzedda
P.Giuseppe Carrara
Modern Filipino Church
Modern Filipino Church
Bro.arici S.Pablo Laguna
Pime Group 1982
Ritiro
Ritiro
Not so good
Fr.Peter & Sr.Percy
P.Giulio Mariani, Euntes, Zamboanga City
P.Giulio Mariani, Euntes, Zamboanga City
Bel profilo
Bel profilo
Pinnacle on beach
Arakan 1986
Arakan 1986
Cocco
Cocco
Nice one
Nice one
p.Sandalo, Manila
vincenzo
2007: bambini cercatori d'oro
2007: bambini cercatori d’oro
bomba2
First Pimes in Manila 1969
First Pimes in Manila 1969
Euntes Zambo
pime1979
foto di gruppo Pime Filippine 1972.
foto di gruppo Pime Filippine 1972.
Tondo 1981
Tondo 1981
Dao Parish
Filippine 25° Pime con mons. Juan de Dios Pueblos, sulla tomba di p. Tullio Favali
Filippine 25° Pime con mons. Juan de Dios Pueblos, sulla tomba di p. Tullio Favali
With city youth
With city youth
Al completo
Al completo
MQAP, Manila
MQAP, Manila
p.Villano, Siocon
Salvavida 2003
Salvavida 2003
DSCN2960
IPs
p.Cocquio
P. Alessi Tondo 1976
P. Alessi Tondo 1976
Filippine, diocesi di S. Pablo, parrocchia di S. Cruz
Filippine, diocesi di S. Pablo, parrocchia di S. Cruz
Festivity around
P.Sandalo e seminarista a Tagaytay
P.Sandalo e seminarista a Tagaytay
foto Davidde
foto Davidde
Fan City
Fan City
003
MQAP, Manila
MQAP, Manila
Parish Church in Lakewood
Parish Church in Lakewood
Tulunan
Tulunan
Ordination of father Ace 2017
Mary Queen of Apostles, Manila
Mary Queen of Apostles, Manila
Km 125 Tulunan
Km 125 Tulunan
Padre Bonaldo Pietro Filippine - Natale 1968 stampa b/n
Padre Bonaldo Pietro Filippine – Natale 1968 stampa b/n
P.Steve Baumbusch
P.Steve Baumbusch
Ambulante
Ambulante
La tomba 1986
La tomba 1986
P. Gianni Sandalo
Filippine, Kidapawan, Tulunan March 1985
Filippine, Kidapawan, Tulunan March 1985
Filippine, Ayala: 1974 Pime e Mons. Pirovano
Filippine, Ayala: 1974 Pime e Mons. Pirovano
Entrance Seminary
Entrance Seminary
Riposo in montagna
Riposo in montagna
contis tondo manila 1977
Dao
Dao
p.Biancat e p.Gheddo Siocon
p.Biancat e p.Gheddo Siocon
moto di Tullio
Water boy in Estero, Tondo
Water boy in Estero, Tondo
Euntes 2000
Euntes, Zamboanga
Euntes, Zamboanga
p.Nicola B.
pp. Fausto e Giancarlo
pp. Fausto e Giancarlo
Fr.Gianni & Sr.Stella
Guado in Columbio 1986
Guado in Columbio 1986
euntes in bottle
ayalamappa
P. Peter Geremia, Coilumbio, 2007
P. Peter Geremia, Coilumbio, 2007
zamboanga
Water conveyors in Tondo, Manila
Water conveyors in Tondo, Manila
Kumalarang 1984
Kumalarang 1984
1985 bambini di Labuan col P. Steve Baumbusch, Mindanao, 1985, stampa b/n
1985 bambini di Labuan col P. Steve Baumbusch, Mindanao, 1985, stampa b/n
Bruno.Bottignolo mount Apo
Dao Parish motorbikes
Santa Messa
Santa Messa
Euntes partecipants
Euntes partecipants
Don Bruno Bottignolo
Siay, Ipil
Siay, Ipil
Bro Arici in cappella a Santa Cruz
Bro Arici in cappella a Santa Cruz
Durante la festa della parrocchia
Durante la festa della parrocchia
With old friend
With old friend
P. Adriano Cadei
P. Adriano Cadei
Sosta
Filippine, Kidapawan, Tulunan 1985
Filippine, Kidapawan, Tulunan 1985
Imelda, Ipil
Imelda, Ipil
P. Egidio Biffi al guado. Siocon 1980
P. Egidio Biffi al guado. Siocon 1980
Anche senza mani
Anche senza mani
p. Fossati
1971 Agosto 13 P. Adriano riceve il benvenuto al termine del cursillo
1971 Agosto 13 P. Adriano riceve il benvenuto al termine del cursillo
Euntes Zamboanga
Euntes Zamboanga
Filippine, Manila, Tondo, anni '70
Filippine, Manila, Tondo, anni ’70
Sul carabaw o buffalo
Sul carabaw o buffalo
Dao
Dao
2001
2001
Carzedda, D.Ambra e Trobbiani
P.Stefano Mosca, Lakewood
P.Stefano Mosca, Lakewood
Lake Sebu - T'boli 1986
Lake Sebu – T’boli 1986
Tulunan 1986
Tulunan 1986
Tricicles
Tricicles
Wandering ...
Wandering …
Arakan Bridge
Arakan Bridge
Solita tazzadi caffè
Solita tazzadi caffè
P.Nevio
biffi siocon
P.Lusuegro e De Maria
Studio della lingua
Studio della lingua
Favali T-shirts 1986
Favali T-shirts 1986
ZAMBOANGA16
sogni e sangue
With mons. Tagle, Imus
Zamboanga
Zamboanga
Spiaggia
Spiaggia
ReBossi
Auguri!
grupposeminario
Due differenti
Due differenti
Sal&Seb
P.Angelo Biancat
P.Fausto Tentorio 1986
P.Fausto Tentorio 1986
MQAP, Manila
MQAP, Manila
Filippine, Manila, Tondo: padre Luiigi Cocquio mentre suona la chitarra.
Filippine, Manila, Tondo: padre Luiigi Cocquio mentre suona la chitarra.
Lucius, Manila
Lubang Island
P. Ricky Lusuegro ...
In occasione visita di p. F. Galbiati, superiore generale.
In occasione visita di p. F. Galbiati, superiore generale.
Balud, Dao
Balud, Dao
Pranzo a Columbio
Pranzo a Columbio
Mud, mud, mud ...
Mud, mud, mud …
Case sul mare
Case sul mare
Arakan Valley
Arakan Valley
Assemblea in Talomo
Assemblea in Talomo
Aquilone
Sampuli, Ipil
Sampuli, Ipil
Confessioni all aperto
Confessioni all aperto
Rice Water Mill, Arakan
Boat on lake
2007: Lakewood
2007: Lakewood
Transportation
Transportation
P. Pecorari con P. Baumbusch, Filippine-Lago Tagaitai, 1989, stampa colore
Sampuli, Ipil
Sampuli, Ipil
zamboanga18
Tondo 1978
Tondo 1978
Filippine, Manila The First PIMEs
Filippine, Manila The First PIMEs
dsc08982
p-milani-kumalarang
Arakan 1990
Arakan 1990
P.Cocquio, alluvione Laguna 1972
pime group manila
Filippine, Manila, Tondo: a destra pade Adriano Cadei e a sinistra padre Luigi Cocquio.
Filippine, Manila, Tondo: a destra pade Adriano Cadei e a sinistra padre Luigi Cocquio.
with-card-sin-manila
cinelas
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p. Sergio
Canasta
Canasta
Allevamento per baluteggs
Allevamento per baluteggs
Euntes Zamboanga
p.Fernando in Lakewood
p.Fernando in Lakewood
Payao
Payao
Vegetables for cooking
Vegetables for cooking
p.Tullio Favali
Manila 2000
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