Il recente terremoto in Mindanao ha l’epicentro tra due vulcani dormienti Mount Matutom e Mount Apo. Tra loro giace Tulunan, dove il PIME ha lavorato per anni spargendo sudore e sangue. Dopo decine di scosse forti e deboli la paura è palpabile attorno a questo invisibile epicentro per centinaia di chilometri. Le vittime non sono tante; molte case qui sono di modeste dimensioni con tetti di lamiera e le altre fatte di legno. In città, come a Kidapawan, le alte costruzioni hanno subito danni, ma anche qui insignificante il numero delle vittime. Per precauzione chiusi i negozi, le banche e le scuole che hanno subito danni. Adesso la gente fa i conti con questo nuovo inaspettato e brutale inquilino e l’unica cosa da fare è cercare di liberarsi dalla paura. Sentimento che i primi pionieri di Mindanao dovevano per forza avere se no non sarebbero certo sopravvissuti agli animali predatori e ai banditi armati che si aggiravano per le selve e le foreste allora ancora incontaminate. Con la paura hanno imparato a migliorarsi. Questo nuovo, moderno e inaspettato timore del tremore verso la giungla di asfalto e cemento porterà senz’altro, almeno si spera, a costruzioni più resistenti e antisismiche e la paura sarà, per lo meno visibilmente, un tragico ricordo solo del passato.
Una cosa naturale è che durante le scosse di terremoto i cani abbaiano e gli uomini gridano. Il grido più comune e emotivo, della gente che si stringe a se, solitamente a tre a tre, è ”GesùMariaGiuseppe !”. E qui c’è tutta un’immagine del mondo cristiano e filippino. La gente ha bisogno, per poter superare momenti come questi, di intuire perché siamo nati in questo preciso mondo e se, nelle difficili prove che si abbattono su di loro, ci sia qualche speranza a cui aggrapparsi, un amico, un protettore, una madre in più a portata di mano.
La reazione emotiva che si prova durante un terremoto si esprime nei sentimenti verso la morte che tutti abbiamo. Il senso della finitudine, quello della precarietà. Si nasce poi si muore, cioè ad un certo punto si capisce che bisogna prima o poi morire. Così fra un paio di giorni tutti andranno in cimitero a visitare le tombe dei loro cari defunti, non più presenti su questa terra che trema, e lo stress post terremoto nell’attesa della prossima scossa, sarà forse meglio affrontato. Matutom e Apo permettendo.