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30 Friday Nov 2018
30 Friday Nov 2018
28 Wednesday Nov 2018
Posted Peter Geremia, PIME-Filippine
inNovember 27, 2018, great celebration for the eighty years of Father Peter Geremia.
At ten o’clock the Holy Mass at the ICON center with the participation of people from all over Mindanao, especially from the parishes where Father Peter worked, Columbio, Tulunan, Diocesan Center, Arakan Valley. The youngest Anthony, just two weeks old and his presence is moving. The Holy Mass dedicated to the Virgin of Guadalupe, to which the Diocesan Center is dedicated and very dear to Father Peter too.
After the canticle of Mary, Father Peter talked to the assembly, about a hundred and eighty people, remembering the first steps to Kidapawan, his meeting with the Basic Christian Communities (GKK), a diocesan program rooted in the bible and carried on above all by the laity who inspired him to found the GLK (Basic Tribal Communities) which became the base, in fact, of a wider diocesan program called TF (Tribal Filipino). Of course, even a brief mention of the closure, after 25 years, of the same program that, however, with great commitment is now carried out autonomously by laymen and laywomen such as ICON (Inter Cultural Organization Network) and NGOs composed of peasants and tribals. They have the task of collaborating with other forces to build a Kingdom of God that takes into account all the realities of society starting from the poorest, said Father Peter.
Recalling the phone call received from “Bepi” his brother priest, from Treviso, Italy, he then went on the topic always preferred by him of the Kingdom of God where Justice and Peace must reign, values not yet pursued by the current society still shaken by clashes and conflicts, often armed. Many, imitating Christ, gave their lives for these values, like martyrs, priests or ordinary people. Here Father Peter recalled a sentence written in the will of Father Fausto Tentorio: “Ang imong pangandoy, akong pangandoy and imong pakigbisog, akong pakigbisog: Busa ikaw ug ako usa ra. Kauban sa pagpanday sa Ginharian sa Dios! “)(Your desire is my desire. Your struggle is my struggle, so you and I are united: companions in building the Kingdom of God. Referring to the passion of Christ he practically concluded by asking: “How to continue the process of change initiated by Christ? How to continue our commitment to peace? “Seek first the kingdom and righteousness of God, and all these things will come upon you” (Matthew 6:33), he answered mentioning Jesus.
The day continued through lot of visits, food and drinks offered to everyone, both at lunch and at dinner, when even the bishop of Kidapawan Msgr. Josè Colin Bagaforo arrived wishing Father Peter a long life: another twenty years? and Peter smiled.
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Grande festa per gli ottanta anni di padre Peter Geremia. La tradizionale magnanita alle 3 del mattino al Centro Diocesano della Diocesi di Kidapawan, dove padre Peter ha la sua stanza, è andata buca per via di Digong il mostruoso cane da guardia che protegge il compound dagli intrusi, lasciato in libertà dalle 9 di sera alle 5 del mattino.
Alle dieci la Santa messa al centro ICON con la partecipazione di gente da ogni parte di Mindanao, soprattutto dalle parrocchie dove padre Peter ha lavorato, Columbio, Tulunan, Centro Diocesano, Arakan Valley. Il più giovane Anthony, appena due settimane di vita e la sua presenza commuove. Messa dedicata alla Vergine di Guadalupe, alla quale il centro diocesano è dedicato e molto cara anche a padre Peter.
Dopo il cantico di Maria, padre Peter si è aperto all’assemblea, di circa cent’ottanta persone, ricordando i primi passi a Kidapawan, il suo incontro con le comunità di base (GKK), un programma diocesano radicato sulla bibbia e portato avanti soprattutto dai laici che lo ha ispirato a fondare le GLK ( Comunità Tribali di Base) base, appunto, di un programma diocesano detto TF (Tribal Filipino) più ampio. Naturalmente, anche un breve accenno alla chiusura, dopo 25 anni, dello stesso programma che, tuttavia, con grande impegno è ora portato avanti autonomamente da laici come ICON (Inter Cultural Organization Network) e Ong di contadini e tribali. A loro il compito di collaborare con altre forze alla costruzione di un Regno di Dio che tenga conto di tutte le realtà della società partendo dai più poveri, ha detto padre Peter.
Ricordando la telefonata ricevuta da Bepi suo fratello sacerdote, si è poi dilungato sul tema a lui sempre prediletto del Regno di Dio dove deve regnare Giustizia e Pace, valori non ancora perseguiti dalla società attuale ancora scossa da scontri e conflitti, molte volte armati. Molti, imitando Cristo, hanno dato la vita per questi valori, come i martiri, preti o gente comune. Qui padre Peter ha ricordato una frase scritta nel testamento di padre Fausto Tentorio: “Ang imong pangandoy, akong pangandoy e imong pakigbisog, akong pakigbisog: Busa ikaw ug ako usa ra. Kauban sa pagpanday sa Ginharian sa Dios!” (Il tuo desiderio è il mio desiderio. La tua lotta è la mia lotta. Pertanto, tu ed io siamo uniti: compagni nella costruzione del Regno di Dio). Rifacendosi alla passione di Cristo ha praticamente concluso chiedendo: “Come continuare il processo di cambiamento iniziato da Cristo? Come continuare il nostro impegno per la Pace? “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte” (Matteo 6:33).
La giornata è proseguita tra visite, cibo e bevande offerte a tutti, sia a pranzo che a cena, quando anche il vescovo mons. Josè Colin Bagaforo è arrivato augurando a padre Peter lunga vita: altri vent’anni? “Digong” permettendo.
26 Monday Nov 2018
Posted PIME-Filippine
in
24 Saturday Nov 2018
Posted Church Philippines
inThis was the reaction of Caloocan Bishop Pablo Virgilio David to President Rodrigo Duterte’s recent allegation that a certain Bishop “David” was stealing donations. Duterte, in a speech Thursday, said a prelate named “David” was bringing Church donations to his family for personal use.
“Ikaw, David, tumahimik ka ha. Sige ka lang hingi ng contribution diyan sa mga… Saan ang pera ng mga tao? Ang g*** sige lang hingi, may second collection pa,” said the President, referring to the collection of offerings at mass. (You, David, you be quiet. You go on asking for contributions… Where do the people’s money go? The fool just keeps on asking, there is even a second collection.)
(E.N. Duterte was speaking at the inauguration of the Cavite Gateway Terminal in Tanza, Cavite, when, as his usual, started to say things out of context)
Duterte accuses prelate of using Church donations for personal use The Caloocan prelate, a vocal critic of the President, said he is the only Filipino bishop named “David” and that Duterte may have confused him for someone else.
“I am the only Bishop ‘David’ in the CBCP. I think he has confused me for someone else,” David said in a statement Friday. “You see, people who are sick sometimes do not know what they are talking about, so we should just bear with them,” he said in a Facebook post.
“My parents never taught me to steal,” he added.
The Church leader earlier this month asked the public to pray for Duterte for he is a “very sick man.” He made the remark after the President called saints “gago” (fools) and “lasenggo” (drunk) after telling Filipinos to emulate them on All Saints’ Day. Pray for Duterte, ‘a very sick man,’ Caloocan bishop urges Filipinos
23 Friday Nov 2018
21 Wednesday Nov 2018
Posted Filippine Eventi
inCina e Filippine hanno accettato di collaborare nell’esplorazione di petrolio e gas. Il presidente filippino Rodrigo Duterte e quello cinese, Xi Jinping, si sono incontrati martedì a Manila all’inizio di una visita di due giorni da parte del leader cinese, in cui i due paesi hanno annunciato 29 accordi, annuncio interamente trasmesso dalla televisione governativa PTN (People’s Television Network).
In pratica è un memorandum d’intesa per esplorare congiuntamente le risorse energetiche, soprattutto nel mar della Cina attorno all’arcipelago filippino che verranno realizzate dall’impresa statale cinese China National Offshore Oil Corporation.
l contratto deve essere ancora ratificato nelle sue parti principali ma si sa che circa le esplorazioni a mare aperto il risultato sarà condiviso solo dalle due parti. Tuttavia, non sembra essere chiaro se si seguirà la Costituzione Filippina la quale dice che si può direttamente intraprendere tali attività con società o associazioni straniere di cui però almeno il 60 per cento del capitale sia di proprietà filippina.
I governi filippini del passato hanno sempre criticato il comportamento della Cina nei mari contesi a nord ovest dell’arcipelago. Ma il governo attuale con Duterte, cerca di costruire un rapporto economicamente vantaggioso con Pechino. Nei mesi passati Duterte aveva detto che la Cina era è già padrona dei mari e contrastarla militarmente sarebbe stato inutile e quindi che, seguendo il noto consiglio evangelico, era meglio mettersi d’accordo con l’avversario più potente per ottenere qualche beneficio per il paese.
In futuro 34 dei 75 progetti infrastrutturali di punta nelle Filippine saranno realizzati dalla Cina.
15 Thursday Nov 2018
Posted Uncategorized
inRome – 12 November 2018. Philippine Ambassador to Italy Domingo P. Nolasco welcomed the visiting clergy of the Diocese of Kidapawan, led by Bishop Jose Colin Bagaforo, at the chancery on 12 November 2018.
The diocesan delegation, consisting mainly of 32 priests and a nun, arrived in Rome from Israel on 11 November 2018 for the second leg of their pilgrimage and retreat.
Their pilgrimage will bring them to both historical and holy sites in Rome, including the St. Peter’s Basilica crypt, where they will hear mass today, 13 November 2018.
The Philippine Embassy gave the visiting clergy a brief overview of the state of bilateral relations between PH and Italy, the role of the Philippine Embassy in Italy and its initiatives to address the challenges faced by the Filipino community in Italy.
The Diocese of Kidapawan covers 11 municipalities of the province of Cotabato, three (3) municipalities of the province of Maguindanao and one (1) from the province of Sultan Kudarat.
13 Tuesday Nov 2018
Posted Events
inPossono raccontarci quello che vogliono. Ma i migranti non sbarcano sulle nostre coste perché c’è sole e mare calmo, né a causa degli scafisti. O delle Ong. Sbarcano perché nessuno gli rilascia un visto. Come invece ai filippini. Si chiamano overseas qui. Lavoratori d’oltremare. E sono 10,2 milioni, il 10% della popolazione. Il 20% della manodopera. Quasi la metà, 4 milioni, sta negli Stati Uniti. Un milione sta in Arabia Saudita, poi un altro milione in Canada. Nell’elenco l’Italia è dodicesima, primo Paese europeo con 113mila filippini. Assunti, appunto, come filippini: sono i nostri camerieri, autisti e giardinieri. Sempre precisi, puntuali. Obbedienti. Sempre a testa bassa. Invisibili. Qui, invece, sono degli eroi. Perché le rimesse sono il 10% del Pil. E se si aggiunge quello che arriva in nero, in contanti o sotto forma di beni in natura, la cifra raddoppia: 40 miliardi di dollari l’anno. Più degli investimenti dall’estero. O degli aiuti allo sviluppo. Quanto il bilancio del governo.
E partono legalmente. Normalmente. Partono, tornano. Ripartono. Il primo a volere una legge sull’emigrazione è stato Ferdinand Marcos nel 1974. Erano gli anni del petrolio e i Paesi del Golfo avevano bisogno di manodopera di ogni tipo. Il primo accordo fu siglato proprio con l’Arabia Saudita, e da allora lo Stato sovraintende a circa 1400 agenzie private di collocamento che non si limitano a trovarti un lavoro: ti preparano sia al nuovo lavoro sia, soprattutto, al nuovo Paese. E tecnicamente sono in realtà dei co-datori di lavoro, nel senso che sono corresponsabili dell’adempimento del contratto. Cosa che consente alle Filippine di avere voce, in caso di problemi. Di non lasciare soli i propri lavoratori. Soli e vulnerabili. Le agenzie si occupano di questo, più che di pratiche consolari: di selezionare e poi monitorare i datori di lavoro. Anche se la strategia di fondo è selezionare piuttosto i lavoratori. Scegliere solo i più qualificati. Non solo per incentivarli a formarsi, ma anche perché più si è qualificati, più si è tutelati. Specialmente in paesi come il Bahrain, il Kuwait, il Libano, in cui nessuno fa affidamento sui tribunali. Più si vale, più si è rispettati.
Naturalmente questo significa che partono i migliori. Spesso anche a parità di stipendio, o anche con uno stipendio minore, anche consapevoli che a Londra staranno peggio che a Manila: ma perché andare via non è solo una scelta economica. Non si cerca solo uno stipendio, un lavoro, ma un Paese: un Paese che funzioni. E invece Marcos istituzionalizzò l’emigrazione anche e soprattutto per ridurre le tensioni sociali: e quindi la pressione per le riforme. La domanda di cambiamento. Anche se alla fine gli overseassostengono i consumi e poco più. Il 20% delle famiglie riceve denaro dall’estero, e il 60% beneficia in senso ampio delle rimesse: ma solo il 9% riesce a risparmiare un po’ e a investire. Investire magari in un negozio, una casa. Cose minime. Non è certo abbastanza per rilanciare un Paese in cui la vita è così dura che solo il 4,3% della popolazione arriva ai 65 anni. E il cui primo problema sono le infrastrutture. Le infrastrutture e la corruzione. Il solo Marcos ha sottratto alle casse dello Stato 10 miliardi di dollari. Per fronteggiare la povertà delle Filippine, più che guardare all’Arabia Saudita avrebbe potuto guardarsi allo specchio.
Non è semplice soppesare i pro e i contro di un sistema così. In termini economici, ma anche politici e sociali. E non solo per i filippini, per i Paesi di partenza, ma anche per noi. Ci rubano il lavoro? O ci aiutano a mantenere il welfare? A pagare le pensioni? E comunque, vengono per stare dove? A Riace o a Rosarno? Sono questioni aperte. Ma alla fine, è per questo che esistono le leggi. Per regolamentare. E valutare. Per provare a guadagnarci tutti. Invece che solo gli scafisti.
12 Monday Nov 2018
Strana notizia questa apparsa su Inquirer sabato scorso, il presidente Rodrigo Duterte avrebbe detto che gli estremisti solitamente prendono di mira gli “occidentali” nelle Filippine, perché il paese è stato nelle mani dell’Occidente per oltre 300 anni. Il commento è stato fatto al Subaraw Biodiversity Festival, un’occasione per celebrare il famoso fiume sotterraneo della città di Puerto Princesa, isola di Palawan non troppo distante dal Borneo. Duterte ha insistito dicendo che gli estremisti (islamici) cercano i ‘bianchi’, li rapiscono perché li odiano. Questo per via della colonizzazione delle Filippine da parte della Spagna e quelle di altre nazioni, come Malesia e Indonesia, da parte di Gran Bretagna e Olanda (ma non ha menzionato gli Stati Uniti). Occupazione che ha fatto molte vittime tra la popolazione Moros e questa è la ragione dei rapimenti e uccisioni. Secondo Duterte gli estremisti non trovano nulla di sbagliato nell’uccidere (occidentali) perché lo fanno per vendicarsi delle uccisioni provocate dalla colonizzazione.
La notizia è strana perché non si capisce dove vuole andare a parare. Ai turisti stranieri in Palawan o Boracay a non essere troppo invadenti quando arrivano là? Oppure che qualora ‘occidentali’ vengano rapiti o uccisi in zone a maggioranza musulmana il governo vaglierà le ragioni storiche prima di investigare i casi?
Lo straniero, soprattutto occidentale, è un personaggio ricorrente nei discorsi del presidente quando si parla di critiche al suo operato. Lo scorso settembre, parlando ai soldati a Camp O’Donnel, Tarlac, ha fatto capire che solo il popolo filippino può criticarlo, non certo quei ‘caucasici’ che vengono qui per cercare solo difetti. Target per i militari? Anche qui non si capisce pur leggendo la notizia diverse volte sul Manila Bulletin
A volte stranieri e chiesa entrano nello stesso discorso, come a Davao lo scorso luglio dove riprendendo l’argomento ha detto che tutti i filippini hanno il diritto di criticare il suo modo di governare, ma non gli stranieri. Anche se sono dei ‘santi’ non si devono permettere di criticare il paese come noi non possiamo farlo quando siamo là da loro. Ma poi la parola santo lo ha portato su un altro target a lui favorito. Ha invitato la Chiesa cattolica a criticarlo con tutto il cuore, basta che non lo faccia in nome di Dio. Una premessa per confermare la separazione Chiesa e Stato in un governo repubblicano. Quando si critica non bisogna farlo in nome di Dio, ha detto Duterte, se no “Ti manderà all’Inferno”
Insomma, importante non criticare sia da stranieri che da fedeli. Il discorso è diverso quando si parla di business. Oggi gli stranieri (in maggioranza cinesi) possono avere il 40 % di capitale in società già presenti in molti settori economici del paese, arrivando in alcuni casi al 100% con l’ E.O. (Executive Order) n.65.
11 Sunday Nov 2018
Posted Culture
inUno dei simboli di spicco nel celebrare il Natale nelle Filippine è il Belen, cioè il Presepe. Il Belen ha trasmesso a molti filippini il messaggio di misericordia e umiltà di Cristo. Accanto al parol (lanterna), il Belen è diventato un appuntamento fisso in case, chiese, scuole e oggi persino in piazze, viali e supermercati. Naturalmente prende vita durante il periodo natalizio che nelle Filippine è già iniziato. Il Presepe all’aperto trova forse la sua origine negli anni ’60. Uno dei primi Belen all’aperto si poteva ammirare nel Centro Araneta, a Cubao una ventina di anni fa. Oggi ne trovi di tutti i tipi in diversi luoghi della metropoli.
Con il termine Belenismo si intendono i grandi presepi “non tradizionali” montati all’aperto, alti e larghi, anche una decina di metri e rigorosamente costruiti con materiali di scarto per simboleggiare la semplicità e l’umiltà di Gesù Cristo nel giorno del suo natalizio.
In Tarlac (la capitale del Belen filippino (a poche ora di viaggio da Manila) vi è una competizione dove si premia il Belen più caratteristico. Uno dei punti salienti della competizione è il Touring dei giudici che vanno a giudicare i presepi. Tour impegnativo anche perché ad ogni Belen vengono offerte abbondanti bevute e merende fatte di bibingka, manioca, maja blanca, sapin-sapin, tupig (torte di riso con coconut) e altro ancora. Naturalmente ogni Belen ha una sua tematica, lo scorso anno, per esempio, c’era un Belen che ricordava la battaglia di Marawi, ovviamente con la Sacra Famiglia accanto alla moschea.
In molte composizioni si usano pannelli scartati di vetro colorato oppure si fanno pezzi cristalli fondendo lo zucchero come fossero finti pannelli di vetro. Le silhouette della Sacra Famiglia, i Tre Re Magi e l’angelo, per folclore, vengono poi avvolti in tessuti testurizzati, cioè plastificati a volte assieme al “sinamay”- un materiale indigeno fatto di abaca. Naturalmente si aggiungono migliaia di luci oppure miglia di bottiglie di vetro o plastica riciclate, che riflettono la luce proveniente dai fari posti dietro a questi. Naturalmente non mancano le migliaia di fiori fatti a mano e le varie scritte tipo “Wow!” “Xmas!” “Aleluya!”.
A Manila, invece, non c’è competizione ma sono centinaia le esposizione all’aperto. La fantasia non manca. Oltre ai materiali tradizionali e le migliaia di luci colorate al led, si usa di tutto per far colpo sui visitatori: vecchi televisori, pezzi di ventilatori non più funzionanti, frigoriferi e persino motociclette arrugginite. Insomma, l’atmosfera è come a Napoli dove allestire il presepe è un momento “magico” che si attende tutto l’anno o come nelle parrocchie italiane dove ognuno dà il suo contributo per la realizzazione del tradizionale presepe. Tuttavia, nel Belenismo filippino e in queste nuove rappresentazioni fatte di scarti, prevale il pluralismo delle idee e un po’ tutto coesiste: Paradiso e Inferno, Bene e Male, sacro e profano, cercando di dare al caos della città una narrazione natalizia. Forse una manifestazione dell’odierno disordine culturale da esorcizzare iniettando messaggi di speranza e di affetto.
09 Friday Nov 2018
Posted Events
inDespite being convicted of seven counts of graft charges, former first lady and Ilocos Norte Rep. Imelda Marcos is still qualified to run for the 2019 midterm elections, the Commission on Elections (Comelec) said on Friday.
Comelec Spokesperson James Jimenez said Marcos can still continue her gubernatorial bid even as the Sandiganbayan found her guilty of graft, noting that order was not yet final and executor
“This isn’t a final conviction yet, so it isn’t disqualifying,” Jimenez said in a tweet when asked by a netizen if Marcos’ conviction is a ground for disqualification.
On Friday morning, the Sandiganbayan’s Fifth Division Marcos sentenced to imprisonment of from six years and one month, up to 11 years for each count, for violating R. A. 3019 or the Anti-Graft and Corrupt Practices Act when she transferred around $200 million to seven Swiss foundations during her term as a member of the defunct Batasang Pambansa and as then Minister of Human Settlements.
Marcos recently filed her candidacy as Ilocos Norte Governor, a post currently held by her daughter, Imee, who is now eyeing a Senate seat.
Imelda Marcos’ husband was ousted by an army-backed “people power” revolt in 1986. He died in self-exile in Hawaii in 1989 but his widow and children returned to the Philippines. Most have been elected to public offices in an impressive political comeback.
Government prosecutor Ryan Quilala told reporters that Marcos and her husband opened and managed Swiss foundations in violation of the Philippine Constitution, using aliases in a bid to hide stolen funds. The Marcoses have been accused of plundering the government’s coffers amid crushing poverty. They have denied any wrongdoing and have successfully fought many other corruption cases.
Imelda Marcos was acquitted Friday in three other cases, which were filed in 1991 and took nearly three decades of trial by several judges and prosecutors. She was once convicted of a graft case in 1993, but the Supreme Court later cleared her of any wrongdoing.
President Rodrigo Duterte, an ally of the Marcoses, said last year the Marcos family had indicated a willingness to return a still-unspecified amount of money and “a few gold bars” to help ease budget deficits. He indicated the family still denied that the assets had been stolen as alleged by political opponents.
Ferdinand Marcos had placed the Philippines under martial rule a year before his term was to expire. He padlocked Congress, ordered the arrest of political rivals and left-wing activists and ruled by decree. His family is said to have amassed an estimated $5 billion to $10 billion while he was in power.
A Hawaii court found Marcos liable for human rights violations and awarded $2 billion from his estate to compensate more than 9,000 Filipinos who filed a lawsuit against him for torture, incarceration, extrajudicial killings and disappearances.
Duterte has acknowledged that Imee Marcos, the couple’s daughter and a provincial governor, backed his presidential candidacy.