Carissimo Don Carlo e parrocchiani,
Le feste natalizie si stanno avvicinando e ho pensato di scrivere un po’ in anticipo per evitare che la lettera si fermi da qualche parte per colpa dell’ “Anthrax”!!! Anche quest’anno sara’ un anno macchiato di sangue, insomma ste guerre sembrano non finire mai, finita una sotto un’ altra.
Nel nostro piccolo abbiamo avuto anche noi le nostre vittime. Il mese scorso un prete missionario Irlandese e’ stato ucciso in un tentativo di rapimento (cosi sembra) e settimana scorsa un altro missionario italiano e’ stato rapito.
A dire il vero non saprei cosa dire, (anche perche’ si rischia sempre di dire le solite cose) quindi ho pensato di raccontare come passa la giornata un bambino tribale pensando che questo possa aiutarci a riflettere sulla nostra vita e su quello che facciamo. Ho scelto di descrivere una giornata di scuola, dal momento che questa occupa ben 10 mesi dell’anno (dall’inizio di giugno alla fine di marzo, escluso il sabato e la domenica).
Dunque… La giornata inizia presto al mattino, la sveglia solitamente e’ tra le quattro e le cinque (dipende da quanti chilometri devono fare a piedi per andare a scuola) al canto dei galli. Appena svegli prima di alzarsi si stiracchiano per vincere il freddo (di notte fa frescolino in Arakan) che e’ passato tra le pareti fatte di bambu intrecciato e il tetto di paglia, buttano da parte uno straccietto che e’ servito da coperta e poi si alzano. In piedi continua lo stiricchiamento, arrotolano la stuoia, spesse volte rosicchiata dai topi (sí, perche’ i topi sono di casa nelle loro capanne), che hanno steso la sera precedente sul pavimento rialzato fatto di canne di bambu sulla quale hanno dormito.
In piedi tra il chiaro e scuro (solitamente si schiarisce tra le cinque e mezza e le sei) incominciano a sbrigare alcune faccende di casa. Se e’ una bambina aiuta la mamma ad accendere il fuoco, pulire per terra, preparare da mangiare o accudire ai fratellini piu’ piccoli. Se e’ un bambino aiuta il papa’ a prendere la legna e l’acqua, ed a portare al pascolo gli animali, (bufalo, cavallo, capre) se ne hanno.
Sbrigate queste piccole faccende vanno alla sorgente o al fiume a lavarsi. Solitamente niente sapone, prendono un sasso ruvido e se lo strofinano sulla pelle cercando di togliere lo sporco che hanno addosso. Si lavano i propri vestiti con l’acqua, solitamente niente sapone o detergenti, li strizzano e poi se li rimettono addosso.
Arrivati a casa incominciano a prepararsi per la scuola, tolgono i vestiti bagnati e li stendono (saranno asciutti per il pomeriggio) si mettono la divisa della scuola e guardano se la mamma ha preparato qualcosa da mangiare per colazione. Se c’e’, solitamente patate dolci bollite, va bene, altrimenti preparano il cibo da portare a scuola per il pranzo, granoturco macinato grosso o riso bollito; solo raramente hanno qualcosa come companatico (pesce secco o salato, mezzo uovo bollito o anche solamente sale). Il tutto viene avvolto in una foglia di banana.
Quindi preparano lo zainetto o una borsetta di plastica, inseriscono l’involucro con il cibo, un quaderno, una penna e una matita e sono pronti per andare a scuola. Partono per la scuola tra le sei e le sette (dipende da quanto distano dalla scuola) chiamandosi a vicenda mentre passano davanti alle capanne di altri bambini.
Solitamente vanno a scuola in gruppo: a piedi nudi con le scarpe in mano (per evitare che si consumino) su e giu’ per le colline attraversando torrenti senza ponti, sotto il sole o la pioggia, tra la polvere o il fango, percorrendo la strada che li separa dalla scuola, che spesse volte arriva anche fino a 6 km.. Arrivati a scuola, con una mano si asciugano il sudore, indossano le scarpe e si mettono in fila per l’alza bandiera e l’inno nazionale: sono le 7:15.
Dopo l’inno nazionale si fa una decina di minuti di ginnastica (dopo aver fatto magari gia’ 6 km. a piedi), si pulisce il giardino della scuola e le aule, dopo di che verso le otto tutti dentro. Ciascuno con la propria sedia-banco che si e’ dovuto fare e portare da casa all’inizio dell’anno scolastico. In un’aula di circa 50 metri quadrati ci devono stare 50 bambini e piu’, alcuni seduti per terra (chi non si e’ ancora fatto la sedia).
L’insegnamento viene fatto in Tagalog (lingua nazionale) o nel dialetto locale delle maestre (cebuano o ilonggo) con qualche frase ogni tanto in inglese. Comunque per i bambini Manobo tutte queste lingue sono straniere, come sono stranieri i loro compagni di scuola non Manobo. Per questo i primi mesi di scuola sono veramente duri: si sentono proprio come pesci fuor d’acqua. Se riescono a sopravvivere ai primi mesi c’e’ buona possibilita’ che continuino la scuola, altrimenti si fermano e poi diventa difficile ritornarci.
Comunque, imparino o no, la scuola continua e solitamente le maestre seguono i piu’ interessati. Alle 9:45 ci si ferma per 15 minuti, i bambini escono dalla scuola per respirare un po’ di aria. Chi non ha fatto colazione e incomincia a sentire lo stomaco a brontolare non resiste alla tentazione di aprire il fagottino del cibo portato da casa e incomincia a pranzare. Poi a mezzogiorno ci pensera’.
Alle dieci si ritorna in classe fino alle 11:30. La sosta del mezzogiorno e’ la piu’ lunga, va dalle 11:30 fino alla una del pomeriggio. La parte piu’ importante e’ il pranzo (per chi non l’ha mangiato prima) che comunque viene consumato al massimo in dieci minuti. Il resto del tempo viene usato dormicchiando sotto qualche albero o giocando.
Alla una del pomeriggio si ritorna in classe. Il pomeriggio e’ la parte piu’ dura. Il sonno incomincia a farsi sentire specialmente per quelli che si sono svegliati alle 4:30. Un altro breve riposo alle due e trenta dove i bambini incominciano a scrutare il tempo. Se il tempo non promette bene e sono distanti o hanno fiumi da attraversare, prendono lo zainetto, le scarpe in mano e, molte volte senza dir niente alla maestra, via a casa sperando di non prendere l’acqua e di non trovare il fiume in piena. Altrimenti se il tempo e’ buono rimangono a scuola fino alle quattro.
Arrivati a casa mettono lo zainetto in un posto possibilmente al sicuro dai topi, si tolgono subito la divisa, si rimettono i vestiti che avevano lavato in mattinata e nascondono le scarpe in un cantuccio della capanna sperando che non vengano portate in giro per il villaggio dal cane di casa.
Dopo essersi riposati un po’, riprendono i lavori domestici, la bambina aiuta la mamma a preparare la cena, accudisce i fratelli piu’ piccoli mentre il bambino aiuta il padre a sistemare gli animali, prendere l’acqua e preparare la legna.
Compiti di casa…. neanche a parlarne!
Verso le sei, quando inizia a far buio si mangia. Patate dolci, riso o granoturco bollito e se c’e’, un po di verdura o pesce salato (la carne e’ un lusso). Verso le sette quando e’ ormai buio tutti a letto, si stende la stuoia e si dorme. Se c’e’ un po’ di petrolio accendono la lampada se no aspettano che si spegne il fuoco dove hanno fatto da mangiare. Molte volte i bambini arrivano tardi e stanchi dalla scuola, si sdraiano sul pavimento di bambu e dormono fino al mattino saltando la cena.
Questa e’ un po’ la vita dei bambini tribali, giorno dopo giorno, anno dopo anno, Cosa vogliono, cosa sperano, molte volte e’ difficile anche per loro capirlo. Non hanno molte scelte, non hanno molte possibilita’ pero’ una convinzione si sta adagio adagio formando dentro di loro e cioe’ che e’ importante studiare, e’ importante saper leggere e scrivere, e’ importante saper conversare con la lingua dei coloni, perche’ i coloni non impareranno mai la loro lingua. Soprattutto che e’ importante inserirsi nella societa’: chi si chiude in se stesso e’ perduto.
Con la speranza che quanto ho raccontato ci aiuti a vivere un Natale migliore, vi saluto di vero cuore, vi ricordo sempre nelle mie preghiere, auguro a tutti voi un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo. Ciao a tutti.
p. Fausto Tentorio