Associazioni Mantovani nel Mondo
Notiziario nr.46
Graziato il killer di padre Favali (?)
Era condannato all’ergastolo, esce per “buona condotta”
Il missionario mantovano trucidato nell’85 nelle Filippine con 22 colpi d’arma da fuoco .
di Francesco Romani
SUSTINENTE (Sacchetta). Norberto Manero, uno dei killer che hanno assassinato nell’85 il missionario mantovano padre Roberto Favali nelle Filippine, è stato liberato “per buona condotta”. La grazia firmata del neo presidente Joseph Estrada ha suscitato la protesta del Vaticano.
Padre Favali, nato a Sacchetta di Sustinente nel 1946, dall’83 era missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) nelle Filippine. L’11 aprile dell’85 era stato attirato in un agguato e trucidato da una banda di miliziani nella città di Tulanan, 900 chilometri a sud della capitale Manila. Le indagini condotte dalla polizia filippina avevano condotto all’arresto di sette persone fra le quali tre fratelli della temuta famiglia Manero tutti condannati all’ergastolo nell’87. E’ stato il neo presidente della repubblica Joseph Estrada che, travolto da critiche di piazza per presunti scandali nel suo governo, ha concesso durante le festività natalizie un perdono condizionale a 500 detenuti accusati di reati minori. Fra questi, però, risulta anche Norberto Manero, che attualmente si trovava detenuto in un carcere di massima sicurezza. Lo stesso capo dello Stato avrebbe ammesso di non essersi accorto dell’inclusione dell’assassino nella lista dei detenuti da scarcerare promettendo una “indagine su questo caso”. La famiglia Manero fa parte di una setta religiosa che fu armata dall’esercito per combattere la guerriglia comunista e musulmana durante la dittatura di Ferdinando Marcos, deposto nell’86 e morto in esilio nell’89. La liberazione del killer di padre Favali ha già suscitato la reazione del Vaticano che, per ora a livello solo ufficioso, ha protestato con il governo Filippino. “La notizia girava da qualche tempo” conferma padre Politi del Pime di Milano. “Nei prossimi giorni potremo avere particolari in più. Per ora posso dire che a Manila si sta organizzando una grande manifestazione di protesta in piazza”.
Alla figura di padre Tullio Favali è stato dedicato il lavoro teatrale “Terra e cielo” in scena in questi giorni a Milano al teatro San Babila per la regia di Roberto Cavosi. In esso si racconta dei missionari italiani che danno quotidianamente il loro contributo di pace in una regione, il Mindanao, dilaniato dalla guerriglia tra lo stato ed i ribelli del Npa (Nuovo Esercito Popolare) e, pertanto, per il loro modo di lottare contro i soprusi, d’aiutare spiritualmente e socialmente i contadini, sono malvisti da chi fa della violenza una logica di guadagno e sfruttamento.
L’assassinio di Padre Favali era avvenuto l’11 aprile dell’85. Da sole due settimane il missionario era parroco in un villaggio. I killer, una dozzina, si erano appostati sulla strada principale del villaggio attendendo un confratello di Favali, padre Peter Geremia, ritenuto un fomentatore della rivolta sociale, per ucciderlo. Dopo avere sparato ad un catechista, avevano dato fuoco alla moto di padre Tullio, che era giunto sul posto per portare soccorso. “Ma perché lo avete fatto?” sono state le sue ultime parole. Per tutta risposta uno dei killer apre il fuoco, seguito dagli altri. Saranno 22 i proiettili che lo trafiggeranno.
LA TESTIMONIANZA
La sorella: “Un’ingiustizia che mi lascia senza parole”
fr.r
SUZZARA (Tabellano). “E’ un’ingiustizia che un assassino sia libero. Ha ucciso mio fratello, ma ora può seminare il terrore anche negli altri missionari”. Licia Ruggerini Favali abita a Tabellano di Suzzara con la famiglia. “Non ho parole per descrivere quello che provo” dice “spero che a questo punto qualcuno si muova per fare rivedere questa decisione”.
Poche parole, a fatica. Perché il dolore per il fratello morto a distanza di tanti anni è ancora vivo. “Non è la prima volta che ci raggiungono notizie del genere” ricorda Alessandro, 26 anni, nipote di padre Tullio. “Già due anni fa ci avevano avvertito che gli assassini di mio zio erano in circolazione. Forse avevano ottenuto una libertà su cauzione o altro. Abbiamo organizzato una raccolta di firme per protestare contro quest’ingiustizia. Ma in un paese come le Filippine chi sta al potere lo gestisce spesso con metodi poco ortodossi”. “Quest’anno” ricorda la sorella di padre Tullio “abbiamo deciso di tornare in dicembre nelle Filippine. Io ci sono stata nel primo anniversario della morte a pregare sulla sua tomba. Ma ora mi dispiace pensare che l’assassino sia in libertà perché penso ai missionari che sono là nell’isola dove era mio fratello. Orami ci conosciamo ed anche lo scorso anno ci sono venuti a trovare”. Tutti gli anni il vescovo della zona invia gli auguri alla famiglia ricordando il “martirio di padre Tullio”.
Favali, dopo essere entrato ad undici anni in seminario, ne era uscito alla vigilia dell’ordinazione. Carattere inquieto e generoso, per otto anni aveva lavorato come operaio a Luzzara ed in Comune Sustinente. Poi la vocazione lo aveva nuovamente colto ed aveva scelto la strada della missione.
IL RACCONTO
Così venne ucciso il religioso
MANTOVA. Ecco il racconto delle ultime ore di padre Favali come venne visto dal quotidiano cattolico locale.
“Quella sera padre Tullio Favali decide di stare in parrocchia. C’è molta tensione in giro e lui sta aspettando a cena il suo confratello, padre Peter Geremia, missionario del Pime, che è partito per un giro pastorale di due giorni nei villaggi dei tribali sulle montagne. Un gruppo di killer aspetta padre Peter all’incrocio con la strada principale, nella frazione ‘La Esperanza’, al km 125. Lo avevano già puntato il giorno prima, quando aveva attraversato l’incrocio in moto, ma chissà perché l’uomo che doveva sparargli, all’ultimo minuto, non ha premuto il grilletto: non ce l’ha fatta. L’incertezza non lo avrebbe tradito un altra volta. Undici uomini armati aspettano padre Peter. Bevono, seduti alla carenderia, un piccolo bar all’incrocio della strada: appartengono alla temutissima famiglia Manero, che da anni semina il terrore in questa zona per sedare ogni forma di rivolta e di protesta sociale.
Vogliono uccidere padre Geremia per colpire un simbolo: l’uomo che combatte a fianco dei poveri e che lotta per favorire il dialogo fra i diversi gruppi di cristiani, musulmani e tribali. All’improvviso uno dei killer riconosce un catechista che passa per la strada, e gli spara. La situazione precipita: la gente ha paura e manda a chiamare padre Peter, su, in montagna. Ma il messaggio arriva prima a padre Tullio Favali, che sta preparando la tavola per il confratello. Padre Tullio salta sulla moto e si precipita al km 125. Entra nella casa dove c è il ferito, lo assiste, ma viene richiamato fuori dalle urla e da uno scoppio: è il serbatoio della sua Honda, data alle fiamme dai Manero. Esce, corre a vedere che cosa è successo e trova quel gruppo di giovani che ridono, soddisfatti. Padre Tullio chiede sorpreso: “Ma perché lo avete fatto”?. Per tutta risposta uno di loro gli spara: un colpo, poi un altro. Padre Tullio Favali cade, morto: sono le cinque del pomeriggio dell 11 aprile 1985. Solo più tardi, la sera, con la scorta dell esercito, padre Peter può andare a vedere cos’è successo, e pregare sul cadavere del suo confratello. Sono passati tredici anni da quella tragica sera, ma il ricordo del martirio di padre Tullio Favali è ancora vivo nella memoria dei filippini. Aveva passato solo due dei suoi 38 anni nel Paese, ma ha lasciato il segno per sempre”.
Il vescovo: ricordato come esempio di fratellanza nell’anno giubilare”E’ stato un martire mantovano”
fr.r
MANTOVA. “Un martire mantovano”. Così il vescovo di Mantova, monsignor Egidio Caporello, ricorda padre Tullio Favali, trucidato nell’85 mentre svolgeva la sua opera missionaria nelle Filippine. “Apprendo in questo momento la notizia ancora incompleta” è il messaggio del capo della chiesa mantovana. “Il mio primo pensiero non può che andare a padre Tullio, tanto più che la giornata del 2 febbraio è dedicata ai sacerdoti che sono presenza e richiamo di Dio Padre alla fraternità ed alla riconciliazione. Nel caso di Padre Tullio è un messaggio arrivato sino al martirio. Continueremo a adorarne la memoria ed a proporne la testimonianza perché anche qui a Mantova si sappia comprendere il valore alto della donazione della vita per causa di Crsito a sostegno della fraternità universale”.
Ma la memoria del religioso, assumerà quest’anno un significato particolare, legato alla ricorrenza giubilare, come annuncia lo stesso Caporello. “Abbiamo fatto presente alla Santa Sede il nome di padre Favali” dice il vescovo “con don Maurizio Maraglio e altri testimoni e martiri mantovani. Nomi che sono ora stati inseriti nel calendario ufficiale dell’anno giubilare perché si abbia a radicare più apertamente una simile memoria come lievito di coraggiosa opera di pacificazione. Non so valutare quanto è accaduto nelle Filippine. Volesse il cielo – se questo è accaduto – di una seria ispirazione al perdono ed alla riconciliazione e non invece una valutazione approssimativa dei compiti di una buona giustizia”.
Oggi il Pontificio istituto per le missioni estere assumerà ulteriori informazioni sulla vicenda. Inoltre potrebbero muoversi tanto l’ambasciata italiana nelle Filippine, quanto il rappresentante della Santa Sede. Per domenica a Manila è prevista una manifestazione di protesta.