Giuseppe Carrara
(“…ottanta per i piu’ robusti…”)
Scusate la presunzione di mettermi tra ‘i piu’ robusti’, ma e’ solo per avere un titolo simpatico…
Comunque, a 40 anni di vita, 15 di sacerdozio, 8 di missione e 1 da parroco, penso sia cosa buona e giusta fermarsi a riflettere per un attimo.
Da bambino, non tanto a parole, ma nei fatti, i miei genitori mi hanno insegnato che Gesu’ e’ il centro della vita.
Da adolescente, CL mi ha insegnato che la vera liberazione (integrale) viene solo dalla comunione con Gesu’ nella Chiesa.
Gli studi di teologia, Balthasar anzitutto, mi hanno confermato che ‘solo l’amore – quello di Gesu’ che da’ la vita in obbedienza al Padre – e’ credibile’.
Molti hanno cercato di convincermi che cio’ che conta e’ riempire la pancia ai poveri e costruire strutture.
Mi spiace per loro, ma questi hanno sprecato il loro fiato.
Dopo 40 di vita, 15 di sacerdozio, 8 di missione e uno da parroco, sono sempre piu’ convinto che non ci salviamo e non costruiamo niente di buono, anche in questo mondo, se non ci convertiamo a Gesu’ e non lo seguiamo nella sua Chiesa.
Una certa ideologia, che si spaccia per cristiana, vuole far credere che i poveri sono per natura buoni e i ricchi sono per natura cattivi.
Altri sostengono che i poveri, se vogliono uscire dalla poverta’, devono seguire l’esempio e gli insegnamenti dei ricchi.
La mia esperienza mi dice che la bonta’ e la cattiveria non dipendono dal conto di banca (che ci sia o non ci sia). Infatti, ho conosciuto ricchi buoni e ricchi cattivi, cosi’ come ho conosciuto poveri buoni e poveri cattivi. Credo dipenda dal fatto che la beatitudine di cui parla Gesu’ si riferisce ai ‘poveri in spirito’ (Mt 5:3), cioe’ a coloro che pongono la loro fiducia e speranza nel Signore, e non in se’ stessi o nelle cose di questo mondo.
Un’altra menzogna, o tentazione, che ho verificato in questo frammento di vita (umana, sacerdotale e missionaria) e’ stata quella della demagogia. ‘Vox popoli, vox dei’ (scusate se il latino non e’ corretto) si dice. Peccato che la voce del popolo cambia a seconda del vento. Basti pensare alla domenica delle Palme e al Venerdi’ Santo o, per restare nelle Filippine, alle varie manifestazioni di massa, a favore di un presidente, poi contro, poi ancora a favore; o a quelle contro un dittatore, poi a favore dei suoi familiari. Se il Vangelo e’ davvero Vangelo, non mi sembra che Gesu’ abbia seguito molto l’opinione dei piu’, cosi’ come non lo hanno fatto le migliaia di martiri che hanno dato la vita per Cristo.
Eppure c’e’ ancora chi vorrebbe gestire la Chiesa come una democrazia, come se la Verita’ si potesse decidere a maggioranza, riducendo la Chiesa a una associazione sociale che non desse troppo fastidio con discorsi morali, spirituali o escatologici.
A questo punto vi domanderete cosa sto combinando io nel mio piccolo per vivere quanto ho detto sopra. Giusta domanda.
La mia speranza, e il mio impegno qui a Lake Wood, e’ di essere segno e strumento della Presenza di Cristo con la comunita’ che mi e’ stata affidata.
Secondo tutti i documenti della Chiesa (Lumen Gentium, ad esempio), la vocazione del sacerdote e’ quella di santificare, insegnare e governare il popolo di Dio.
Ebbene, questo e’ quello che sto cercando di fare:
Santificare (munus sanctificandi): attraverso la valida, degna e dignitosa celebrazione dei Sacramenti (di tutti quelli che posso celebrare, a differenza di chi sta riducendo la Chiesa Cattolica a una Chiesa Protestante, dove non c’e’ posto per la Confessione; non lo si dice, ma di fatto non si creano le occasioni perche’ la gente capisca il valore della Confessione e, percio’, la cerchi).
Insegnare (munus docendi): Tanti anni, e soldi, spesi per farmi studiare teologia, credo non possano essere sprecati riducendomi a fare cose che non so fare (costruire chiese o altro o fare progetti agricoli o altro). Per cui, mi impegno a formare la gente, soprattutto i ‘leaders’ della comunita’ (ministri dell’Eucaristia, ministri della Parola, catechiste, Presidenti di cappelle, ecc.). Questo faccio con dei corsi di formazione specifici, ma faccio anche con decisioni pastorali; alcuni esempi:
I sacramenti non sono cose mie o della gente, bensi’ cose di Cristo e della Chiesa, che per essere validi e fruttuosi richiedono certe cose e una certa preparazione. C’e’ invece chi pensa che siano beni che si possono comprare semplicemente pagando.
Le feste patronali non sono feste folcloristiche o occasioni di commercio o divertimento indiscriminato. Sono ricorrenze liturgiche che devono seguire il calendario liturgico e che hanno come scopo principale il rinnovamento spirituale della comunita’ cristiana. Per cui vanno adattate e celebrate in tal senso, cioe’ adattandole al calendario liturgico (mentre qualcuno vorrebbe adattarle al calendario dei venditori ambulanti) e evitando certe attivita’ che l’esperienza ha confermato essere contrarie al bene della gente (gioco d’azzardo, balli dove si ‘vendono’ le ragazze a chi offre di piu’, ecc.).
La salvezza eterna dipende dalle scelte operate in vita (che solo Dio puo’ giudicare), non dalle vigilie, dai funerali o dalle celebrazioni di anniversari di morte (che al massimo, riducono la pena del Purgatorio). Di conseguenza, se uno ha lasciato la Chiesa Cattolica per far parte di un’altra chiesa o di un’altra religione, il suo funerale non puo’ essere celebrato secondo il rito cattolico (chiara disposizione del Codice di Diritto Canonico: 1184). Ovviamente, non per questo condannando nessuno (solo Dio giudica), ma semplicemente per ricordare che le scelte fatte in vita dalla persona vanno rispettate anche dopo la sua morte.
L’accesso alla Comunione Eucaristica presume un’unione previa con Cristo, attraverso il Battesimo e una vita libera da gravi mancanze. Chi non e’ stato ancora battezzato o chi vive in una stato oggettivamente contrario alla morale cristiana (separati conviventi con altri) non puo’ essere ammesso alla Comunione. Per molti puo’ sembrare scontato. Da queste parti non lo e’. E cosi’ mi sono fatto altri nemici.
Sto anche cercando di far capire che l’appartenenza cristiana e’ piu’ importante dell’appartenenza alla tribu’ o al clan o alla comunita’ civile; queste realta’ dovrebbero essere animate secondo lo spirito del Vangelo. Ma siamo ancora lontani anni luce dalla comprensione di una verita’ scontata del Vangelo (‘in questo mondo, ma non di questo mondo’).
Governare (munus regendi): Come dicevo piu’ su, la Chiesa non e’ una democrazia dove le cose si decidono a maggioranza, bensi’ una comunione, una Compagnia guidata al Destino, dove la responsabilita’ dell’autorita’ e’ affidata per via gerarchica e sacramentale, non per elezione o consenso popolare. In altre parole, dopo il doveroso ascolto di tutti quelli che hanno qualcosa da dire (in tal senso ho aumentato le occasioni per condividere il proprio pensiero e la propria esperienza), mi assumo la responsabilita’ (spesso impopolare) di decidere.
A questo punto, probabilmente, vi ponete un’altra domanda: cosa faccio per aiutare i tanti poveri della mia comunita’?
Anche questa e’ una domanda legittima. Come tutti i cristiani, anch’io verro’ giudicato da Dio in base all’amore (‘avevo fame, e mi avete dato da mangiare,… – Mt 25).
A dir la verita’, mi sento a disagio a rispondere a tale domanda, a motivo di un altro passo evangelico (‘se la tua mano destra fa qualcosa di buono, non lo sappia nemmeno la tua sinistra’; non ricordo la citazione esatta). Ma forse ho anche il dovere di giustificare le tante offerte ricevute da amici e parenti.
L’impegno caritativo principale e’ quello di aiutare i malati che non si possono permettere le spese mediche. In secondo luogo, aiutare ragazzi poveri ad andare a scuola (almeno alle elementari); terzo – in base al principio evangelico secondo cui l’operario ha diritto alla sua mercede – dare un certo compenso a coloro che si impegnano di piu’ nel lavoro pastorale.
Al di la’ di questo, resto comunque convinto, che l’aiuto piu’ grande, anche in vista di una vita umana piu’ dignitosa, sia quello di fare del mio meglio per aiutare questa gente (poveri e ricchi) a capire che la liberazione integrale viene solo dalla conversione al Vangelo, attraverso l’adempimento del mio triplice compito di insegnare, santificare e governare. Ovviamente, solo Dio, che giudica i cuori, puo’ verificare il successo di un tale sforzo e di una tale speranza.
Ebbene, al termine di questa povera riflessione, non mi resta che augurare a me stesso e a tutti di poter vivere intensamente la beatitudine evangelica: essere poveri in spirito, abbandonandosi fiduciosamente a Dio che guida i nostri passi, nella gioia e nella tristezza, nella ricchezza e nella poverta’, nella vita e nella morte, ora e sempre.