Benedetta e Francesco
Che cosa è un mese in confronto ad una vita?
Saremmo portati a rispondere “niente”, ma questa volta sbaglieremmo!
Un mese nelle Filippine, nella meridionale isola di Mindanao, a Lakewood, ospiti di padre Angelo, missionario del Pime.
Inghiottiti dalla giungla, in un posto che sulle comuni cartine non è neppure segnato, irraggiungibili anche via cellulare.
Inizialmente – è giusto ammetterlo- si prova un brivido, ma poi tanti pensieri ti sovrastano: non conta più chi si è, il titolo di studio, la posizione sociale, ma si è tutti uguali, tutti amici, tutti impegnati nella lotta quotidiana per sopravvivere, in un ambiente in cui la natura si dimostra in ugual modo dispensatrice di vita e di morte, rigogliosa e temibile come è.
Ci è sembrato di provare tante cose per la prima volta.
Per la prima volta ci siamo sentiti stranieri…noi, dei diversi! Con le emozioni e con il disagio che ciò comporta. Abbiamo sperimentato questa situazione sulla nostra pelle e ci è rimasta un’importante eredità: che il “diverso” non è “inferiore”, ma solo “differente”.
Le facce amiche ed incuriosite, ogni sorta di attenzione e premura, la grande apertura ed ospitalità pur nella modestia e semplicità delle abitazioni e del vivere quotidiano, ci hanno fatto subito dimenticare stanchezza e problemi, per trovarci accolti e benvoluti da una nuova comunità, che già sentivamo nostra.
E’ gente “strana” per noi!
Vitali, poliglotti, facili alla risata e allo scherzo, si divertono con poco e amano la compagnia, riuscendo così a diversificare quelle che altrimenti sarebbero lunghe giornate monotone.
La profonda simbiosi con la natura ha sviluppato in queste persone una visione ciclica della realtà e della vita: tutto si ripete senza una reale pretesa che le cose, anche quelle negative, debbano andare diversamente.
Programmazione, risparmio, accumulazione sono concetti assenti nella loro mentalità, vuoi per la generosità della natura e l’impossibilità a controllarne comunque le dinamiche fondamentali, vuoi per il fatalismo ingenerato dalla concezione ciclica della storia.
Se parli loro di “stress”, di “troppo poco tempo”, di “corse continue”…ti guardano straniti e, facendoti la loro tipica smorfia alzando le sopracciglia, ti lasciano attonito a riflettere se ha davvero un senso quello che gli stai dicendo!
Non parlare poi loro di “puntualità”: philippino’s time is always one hour late!
Ma come rimproverarli delle negligenze e dei ritardi? Se inizia a piovere o viene meno la corrente, tutto si deve per forza fermare ed è inutile domandarsi quando cesserà o quando tornerà. Per non parlare dei disagi del caldo e delle difficoltà dei trasporti, su strade per le quali bisognerebbe coniare un altro nome.
Verso la fine della nostra permanenza ci è giunto l’invito da parte della comunità tribale dei Subani a presenziare ai loro riti di ringraziamento agli spiriti.
Un altro mondo! Qui, fede, superstizione, tratti culturali di vario genere si fondono e si ingarbugliano, mandando in frantumi ogni logica occidentale.
Messa da parte la nostra buona dose di scetticismo, siamo stati colpiti dalla compostezza e dalla serietà, oltre che dalla spontaneità con cui compiono tutte le loro azioni. I canti, le danze, i sacrifici, i rituali tradizionali sono ricchezze che non vanno distrutte.
E’ anche su questo fronte che padre Angelo (eccezionale e vitalissimo sessantatreenne) si sta impegnando, con la collaborazione di alcune NGO. Punto focale della loro campagna per lo sviluppo e la promozione dei tribali è quello di preservare le loro tradizioni, pur portando avanti un processo di coscientizzazione, che dia loro mete e prospettive per cui impegnarsi.
Quale significato ha avuto/Che cosa ha rappresentato per noi questa esperienza?
Un volo dentro il nostro cuore.
Sembra un paradosso: dover volare lontano per riscoprire valori e motivazioni che sono dentro di noi!
Ora speriamo solo di esserci portati in valigia, oltre alle stoffe, ai bei prodotti di artigianato locale e agli stupendi ricordi, anche un po’ della naturalezza, spontaneità e semplicità del sentire e del vivere di questa gente.
Ci rimane il desiderio di dire mille grazie: un grazie al Pime, che ci ha consentito di prepararci per questa esperienza, un grazie ai nostri genitori che ci hanno permesso di realizzarla, un grazie a tutte le persone che ci hanno ricordato con la preghiera e, infine, il grazie più sentito a p.Angelo che ci ha accolto come figli e alle persone incontrate, adulti e bambini, i cui splendidi sorrisi e sguardi profondi ci porteremo sempre nel cuore.
Francesco
Ho trascorso il mese di Ottobre nelle Filippine, nella meridionale e problematica isola di Mindanao, a Lakewood, ospite di p.Angelo, missionario del Pime.
Inizialmente appare proprio un altro mondo!
Ci è voluto però poco tempo per cambiare idea. Ero inghiottita dalla foresta vergine, straniera tra persone che io giudicavo straniere, e queste mi si sono subito strette intorno con spontaneità, affetto, quasi a proteggermi.
Ho capito che quella gente non era diversa dalle persone che mi circondano di solito: altra istruzione, altre usanze, altra concezione del tempo…ma gli stessi sentimenti, la stessa dignità e gli stessi diritti, che troppo spesso, però, sono loro negati.
Ho subito sentito che avrei dovuto portarmi a casa non solo bei ricordi e souvenirs, ma anche un po’ della naturalezza e semplicità del vivere e sentire di quella gente.
Ora ho nel cuore tanta felicità e molto entusiasmo, oltre alla consapevolezza di aver ricevuto molto di più di quello che, nel mio piccolo, ho cercato di dare.