At least 122 children, including a one-year-old, have been killed during President Rodrigo Duterte’s “war on drugs” in the Philippines, according to a report that concluded some children have been deliberately shot at and targeted as proxies.
The study, by the World Organisation Against Torture, adds to growing calls for the UN human rights council to establish an independent investigation into abuses committed under Duterte. Rights groups estimate that tens of thousands of people may have died as a result of unlawful killings during anti-drug operations launched after his election in 2016.
The report, which examines child deaths between July 2016 and December 2019, reports that police were responsible for just over half of the killings documented. Others involved unknown individuals, often wearing masks or hoods, some of whom allegedly had links to the police. (Continue to Read)
Will the coronavirus lockdown lead to a baby boom? A global baby boom is being predicted as a result of the global coronavirus lockdown and in the Philippines this could lead to 214,000. It could be the highest birth rate for 20 years because the Government family planning services has been disrupted and contraception is difficult to access. Also, many men are returning home to rural areas because of lockdowns in the city, prompting fears of a baby boom in hard economic times.
The Catholic-majority country has recorded more than 35,400 coronavirus cases, with Metro Manila, the hardest hit. In total, 1,244 deaths have been recorded. In the Philippines there has been a great effort by the Government in education and access to contraception for young women that, in part, has reduced the birth rate in recent years.
Though quarantine measures have since been eased the Government facilities and clinics for family planning are open only few hours a week for lack of staff. It is estimated that the number of women unable to access to this service rose by one fifth during lockdown, to 3,688,000.
The projections, by the University of the Philippines Population Institute, suggest that an additional 214,000 babies could be born next year as a result of the lockdown. This means there could be up to almost 1.9 million births in 2021, more than in any year since 2000.
Pumanaw sa aksidente ang isang pari sa Archdiocese ng Zamboanga. Ayon sa ulat ng Catholic Bishops’ Conference of the Philippines (CBCP), si Fr. Alfredo Alabado, 54 at parish priest ng Our Lady of Fatima Parish ay pumanaw sa aksidente hatinggabi ng Huwebes (June 25). Nagtakda naman ng public viewing para sa mga labi ni Alabado sa St. Michael, The Archangel Chapel mula alas 9:00 ng umaga hanggang alas 6:30 ng gabi at alas 8:00 ng gabi hanggang alas 10:00 ng gabi. Magdaraos naman ng Novena Prayer araw-araw hanggang June 28 pero hindi na ito bubuksan sa publiko bilang pagsunog sa guidelines ng IATF. Maaring makilahok sa Novena Prayer sa pamamagitan ng Facebook Streaming.
Mancano pochi giorni alla promulgazione di un decreto conosciuto come ‘Antiterrorism Bill’ o Bill House ( HB) No. 6875, voluta dal presidente Duterte e che sostituirebbe il precedente Human Security Act of 2007 ritenuto troppo remissivo verso i terroristi e troppo restrittivo verso l’azione della polizia. Una legge che per molti, comunque, minerebbe la libertà e la sicurezza di quei filippini che vorrebbero essere liberi di sostenere i loro diritti democratici, le loro opinioni politiche e di potersi riunire in assemblee per manifestare le loro proteste verso ingiusti trattamenti.
In pratica la legge autorizza la polizia, aggirando il sistema giudiziario, all’arresto di sospetti “terroristi” che possono essere poi ‘trattenuti’ per un massimo di 24 giorni senza accusa o portati immediatamente davanti a un giudice (scelto dal Governo) per essere giudicati senza appello.
I timori sono in aumento anche a causa del modo di agire dell’amministrazione Duterte sempre pronta a reprimere o a scontrarsi verbalmente, quando se ne presenta l’occasione, contro tutti quelli che criticano il suo modo di amministrare il paese.
L’Associazione dei Superiori Religiosi Maggiori nelle Filippine (AMRSP) ha sottolineato come sia preoccupante l’approvazione di tale misura in un momento in cui il Paese si trova ad affrontare altri e maggiori problemi. In un clima di incertezza, anche le attività della Chiesa vengono messe sotto stretta osservazione. Recentemente, un gruppo membro del AMRSP, ilRural Missioners of the Philippines, formato da diversi membri di congregazioni religiose, è stato preso di mira dal Governo. Nello scorso gennaio i loro conti bancari sono stati congelati dal Consiglio antiriciclaggio (AMLC) con l’accusa di possibile finanziamento del terrorismo. L’anno scorso erano state presentate altre accuse contro il Rural Missioners, comprese quelle di spergiuro, di rapina, incendio doloso e falsa testimonianza.
Per molti filippini nessun beneficio potrà mai venire da una legge che già di per sé aggiunge più ansia nella popolazione. Se poi, con la scusa di combattere il terrorismo, si desidera pure mettere a tacere le voci di coloro che lavorano con e per i poveri e prestano a loro la loro voce facendone presente, con forza ma pacificamente, le loro istanze alle alte cariche dello Stato, allora non aiuta a migliorare la situazione del paese.
Tra i nuovi missionari del Pime anche il giovane Catan, cresciuto in una famiglia ad alta vocazione missionaria (lo sono anche uno zio, un fratello e una sorella). Dagli studi resi possibili da un’adozione a distanza al prossimo servizio d’animazione nella casa dell’Istituto a Treviso
«Noi amiamo perché egli ci ha amato per primo». È questa frase del capitolo quarto della prima lettera di Giovanni, il brano della Scrittura che i nuovi missionari del Pime del 2020 hanno scelto per la loro ordinazione. Ed è un amore che si incarna sempre in una rete di relazioni concrete, come racconta bene – per esempio – la storia di Fel Catan, candidato al sacerdozio, filippino, originario di Sirawai, nella grande isola di Zamboanga.
La sua è una vocazione nata proprio nel solco della presenza del Pime in questa terra: lo stesso zio di Fel, padre Romeo Catan, è stato infatti il primo filippino a diventare missionario del Pime. La vocazione di Fel è anche frutto dell’amicizia e della generosità di tanti benefattori del Pime in Italia: è stato infatti grazie al sostegno a distanza – la forma di «adozione» promossa da più di cinquant’anni dai missionari per affidare a una famiglia in Italia l’aiuto economico a un ragazzo o a una ragazza bisognosa in missione – che Fel e i suoi cinque tra fratelli e sorelle a Sirawai hanno avuto la possibilità di studiare. Ed è dentro a questa logica del dono che è cresciuta la chiamata al sacerdozio.
«Se non ci fossero stati tutti quei problemi sarei entrato subito in Seminario – ha raccontato Fel alla rivista del Pime Mondo e Missione -, ma sul mio desiderio vinceva sempre la preoccupazione per la mia famiglia, la necessità di aiutare i miei genitori e i miei fratelli». Così il cammino è continuato in parrocchia fino alla fine degli studi non solo suoi, ma anche di tutti i suoi fratelli. «Solo allora sono andato dal mio parroco, padre Sandro Brambilla, anche lui missionario del Pime, e gli ho detto che volevo diventare prete – continua Fel -. Lui mi ha chiesto che tipo di prete volevo diventare. Sono rimasto sorpreso: non sapevo ce ne fossero diversi… Per me il sacerdote e il missionario erano due figure che coincidevano. Li avevo sempre visti come uomini senza paura, pieni di zelo, che non pensavano a se stessi e non volevano tornare a casa nemmeno per i pochi mesi delle loro vacanze. Per questo ho risposto a padre Brambilla che volevo diventare come lui».
Ed è stato un esempio contagioso anche in famiglia: suo fratello Feljun ha infatti deciso di intraprendere la stessa strada per diventare anche lui missionario e ora ha incominciato il suo percorso di formazione sempre nel Seminario di Monza. «Con noi due e mia sorella, che è suora – racconta Fel -, tre fratelli su sei hanno intrapreso la strada verso il sacerdozio o la vita religiosa. Merito di mia mamma, che ha sempre pregato perché tutti i suoi figli diventassero preti…».
Dopo l’ordinazione sacerdotale padre Fel Catan è già stato destinato all’Italia dove presterà per qualche anno servizio nell’animazione missionaria, nella casa del Pime a Treviso. Per trasmettere anche a tanti altri giovani la stessa logica del dono senza riserve toccata con mano a Sirawai.
Fr. Fel Catan was born in Sirawai, Zamboanga del Norte, Philippines. In 2011 he was accepted in the international seminary in Italy, becoming a member of PIME in 2019. After the ordination he will be assigned for missionary work among young italian people.