Pensate, sono circa 100 milioni le persone che si spostano nel mondo alla ricerca di una sistemazione. 30 milioni all’interno dei loro paesi, tra cui 10 milioni che hanno dovuto lasciare le terre improduttive (la distruzione delle risorse naturale ha provocato circa 60 milioni di dislocati tra il 1996 e 2001). Ogni anno un milione e mezzo di questi sceglie di spostarsi nelle città. Poi c’è chi emigra ed è un popolo multietnico di circa 37 milioni. Moltissime le donne asiatiche il cui numero aumenta di circa 800.000 unità ogni anno. Infine i 20 milioni di rifugiati per ragioni politiche e belliche. I Filippini in Italia sono circa 160.000 ( all’inizio del 2002 erano circa 7.400.000 i filippini all’estero tra cui 2.800.000 in modo permanente). “I miei amici pensano che qui in Italia ci sia il paradiso”, dice una donna filippina, collaboratrice domestica a Treviso, “In realtà una volta qui ti accorgi di non essere preparata”. Maymay, 29 anni, non vuole dire la verità quando telefona ai suoi nelle Filippine. Non dice loro che per guadagnarsi la vita deve lavorare 16 ore al giorno, che ha avuto parecchie spese quando si è ammalata e che risparmia anche sul cibo per mandare loro i soldi che chiedono. Ma il prossimo anno arriverà qui anche la sua sorella, la più piccola, e allora potrà confidarsi con essa e magari lavorare di meno. “È un peccato che tu conosca la verità solo quando sei già sul posto”, commenta. Molti migranti non hanno una minima idea di cosa troveranno nel paese ospitante. Spesso se tutto va bene, dopo aver venduto quello che si poteva vendere per pagare l’agenzia di reclutamento e comperare il biglietto d’aereo, arrivano e si accorgono che la realtà non è quella immaginata. “Credevo che l’Italia fosse un bel paese ma poi, grattando un po’ la superficie, mi sono accorta che la gente è di ‘plastica’, che mostra una cosa ma ne desidera già un’altra. A volta mi domando cosa veramente desiderano?”. L’immagine proiettata dall’occidente è allettante. Una società dove la vita scorre senza grandi problemi. Così quando ragazze come Maymay partono immaginano di avere acqua calda a volontà e uno di quei fornelli che si accende da solo spingendo un piccolo pulsante e una bella auto e di guadagnare come un’occidentale. Così a Natale le immagini di barboni che ricevono pacchi dono possono far pensare che i governi occidentali siano sempre pronti a dare un modesto assegno anche a coloro che sono nella miseria. Non è così. Non è stato facile a Maymay superare il Natale. Ma ha imparato ben presto a integrarsi. Con un pizzico d’astuzia. I primi tempi, sull’autobus, quando un trevigiano saliva non sceglieva mai il posto vicino a lei. Poi ha scoperto che se si siede leggendo una copia della ‘Tribuna di Treviso’ o del ‘Gazzettino’ la cosa cambia. La lontananza da casa, però, si fa sentire. Quando il costo del telefono raggiunge i 300 euro al mese allora: “..capisco quanto vorrei essere ritornata nelle Filippine”. La stragrande maggioranza degli immigrati in Italia non hanno intenzione di rimanerci. Molti, dopo aver messo da parte un piccolo capitale, ritorneranno a casa. Purtroppo dovranno lavorare duro, anche 16 ore al giorno, se vogliono raggiungere questo obiettivo. In Italia gli immigrati stranieri con regolare permesso di soggiorno sono 2.500.00 tra i quali 800.000 cattolici e altrettanti musulmani. Il Convegno della Chiesa Italiana sull’Immigrazione, lo scorso febbraio, ha fatto capire, senza mezzi termini, che la missione ad gentes, non si compie solo in terre di missione ma inizia fuori della porta di casa nostra. Da qui un maggior interesse nell’inserimento degli immigrati nel nostro tessuto sociale; con un particolare attenzione a coloro che sono cristiani affinché siano accettati pienamente, senza storcere il naso, nelle nostre chiese e attività parrocchiali. Ma è il lavoro quello che vogliono. Purtroppo, in Italia, c’è ancora confusione tra Governo e le associazioni nazionali del Commercio e del Lavoro, su chi deve dire l’ultima parola. Molti lavoratori stranieri entrano in Italia con le carte in regola per poi vedersi negato il diritto al lavoro nel campo di loro competenza. Così una infermiera filippina non può, per esempio, esercitare la sua professione in Italia. In generale il pensiero italiano si riflette in questa frase, molto ironica: “Va bene! Sopportiamo la vostra presenza ma fatevi il vostro gruzzolo il più presto possibile”. Anche MayMay è d’accordo! Siamo stati un paese di emigranti e poi diventati un paese di nuovi arricchiti (che ha votato per il più ricco). Oggi mentre i nostri soldi e beni di consumo si spostano più liberamente di prima, le persone diverse da noi, rischiano. Eppure l’uomo si è mosso fin dall’inizio, è sempre in movimento e sarà difficile fermarlo.
Ingrati o emigranti?
20 Tuesday May 2003
Posted Uncategorized
in